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Il contemporaneo, tra moda e rituale. Al Museo del Novecento di Milano, torna Furla Series

di - 9 Marzo 2018
Sei manichini in abiti dalle linee moderniste e dai colori sgargianti riempiono la sempre suggestiva Sala Fontana del Museo del Novecento, e sembrano dialogare con le guglie del Duomo. Tra loro passeggiano tre figure-guida (Ushers) vestite con tuniche bianche, decorate con appariscenti ricami rossi, e con vistosi cappelli a tesa larga. Si è subito immersi nel folclore slavo, protagonista del quarto appuntamento di Furla Series #01-Time after Time, Space after Space.
La performer polacca Paulina Olowska (Danzica, 1976), ispirandosi ai quadri della sua connazionale Zofia Stryjeńska (1891-1976), tra le massime esponenti dell’art decò tra le due guerre, ne ripesca le suggestioni per i riti magici e folclorici del proprio paese, cercando una nuova lettura della cultura popolare, chiave imprescindibile per leggere il contemporaneo. Slavic Goddesses and the Ushers riprende altri lavori ispirati alla Stryjeńska, come i dipinti realizzati per la Biennale di Berlino nel 2008 o la performance Slavic Goddesses – A Wreath of Ceremonies, presentata nel 2017 al The Kitchen di New York. Partendo dalla serie di disegni Bożki słowiańskie (Divinità slave, 1918), che ritraggono soggetti femminili vestiti con rivisitazioni di abiti tradizionali, la Olowska ha realizzato i costumi indossati dai manichini, nominati nel 2017 per il Bessie Award in Costume Design, caratterizzati da elementi tipici della sua terra, come piume di pavone e spighe di grano: indumenti dissonanti e perturbanti, capaci di rievocare credenze ormai scomparse dall’immaginario attuale.
Tra sfilata di moda e rituale sacro si crea una strana suggestione, che trova l’apice nella sala sovrastante, dove l’artista, vestita come le figure-guida, è ricurva sopra il vetro che si affaccia direttamente sui neon di Lucio Fontana: dipinge ricordi e riferimenti della sua terra, partendo dalle figure femminili che ne hanno segnato la storia.
Il pubblico, accompagnato dagli Ushers, impersonate da Dobrawa Borkala, Milovan Farronato e dal compositore Sergei Tcherepnin, segue un percorso che tenta di unire un passato carico di elementi archetipici e un presente all’insegna del consumismo: la performance unisce vecchi e nuovi miti alla ricerca di un rituale capace di traghettarci verso il futuro. (Giulia Alonzo)
In home e in alto: Paulina Olowska, Slavic Goddesses and the Ushers, performance, Museo del Novecento, Milano, 2018 Courtesy Foksal Gallery Foundation, Warsaw, and Metro Pictures, New York Ph. Masiar Pasquali

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