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La street art nuda. Da Labs Gallery, a Bologna, i writers più influenti della scena italiana

di - 21 Gennaio 2018
Ha inaugurato il 20 gennaio, per restare aperta fino all’8 marzo, con aperture straordinarie per Art City White Night il 3 febbraio dalle 12 alle 24, la mostra “Tutti nudi”, allestita negli spazi di Labs Gallery, in via Santo Stefano 38. A cura di Fulvio Chimento e Luca Ciancabilla l’esposizione presenta opere di Dado, Joys, Rusty, CK8 e Suf! (Cuoghi Corsello) ossia alcuni tra i più influenti writers della scena italiana. Un appuntamento da non perdere che ridisegna la tavola di una galleria con estrema libertà d’intervento: “da sopra a sotto” e “da destra a sinistra”, in base alla tecnica ritenuta più personale e “urgente”. Verso la via del definitivo riconoscimento della Street Art nel novero dell’arte contemporanea, che ha a Bologna alcuni tra i più promettenti e lucidi teorici, tra gli altri, i professori Claudio Musso e Fabiola Naldi, gli artisti presentano in galleria i loro personali modi d’intendere l’espressione artistica.
I Cuoghi Corsello scrivono ciascuno il proprio nome occupando un’intera parete della galleria utilizzando degli specchi riflettenti, Rusty realizza la sua tag attraverso una composizione di lastre radiografiche, Dado costruisce numerosi oggetti/scultura lasciandosi ispirare dalla strutturazione spaziale dei bazar orientali, mentre Joys adatta il suo stile optical appositamente per pareti della Labs Gallery in un intervento che ha come protagonista uno tra i materiali poveristi per eccellenza: il legno. Probabilmente un momento giocoso della fruizione, utile per un corretto bilanciamento nel novero dei tanto seri capolavori ospitati in città. Un’esposizione capace di alleggerire lo spettatore immergendolo in un contesto in cui il guscio della galleria quasi scompare, ceduto il passo alla creatività in sé.
“Tutti nudi” è anche un titolo rivelatore: laddove evidenzia ponti di comunanza con i linguaggi stilistici dell’arte strettamente intesa, laddove dissente in modo virtuoso, sottendendo una sfida – anche teorica – ai vecchi modelli di riferimento dell’arte. In un codice noumenico che trova la sua ragion d’essere all’esterno, gli street artists qui sembrano volersi far proteggere, per richiamare l’attenzione verso un fenomeno che esiste e che sbatte i pugni su un tavolo, per farsi finalmente riconoscere. (Paola Pluchino)

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