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L’arte “in Theoria” a Como: uno spazio per il contemporaneo si apre in città. All’incrocio con il gusto

di - 11 Giugno 2013
Nell’Italia che chiude non è facile aprire alla cultura. Nella provincia del Belpaese non è facile arrivare al contemporaneo. O forse si? Como smitizza oggi le leggende e la letteratura intorno alla crisi -economica e dell’arte-, confermando però un trend: sono i privati a mettere mano alle iniziative che portano ricchezza e humus culturale alle città. Perché facciamo questa premessa? Perché è forse imprescindibile parlare dell’operazione “Theoria” escludendo il contesto. Ma andiamo per gradi: Como da ieri sera ha ufficialmente il suo spazio per l’arte contemporanea. L’unico spazio per l’arte di oggi nella città lombarda, che come molte “colleghe” italiane non annovera nemmeno una galleria privata, ma solo le attività di Villa Olmo, che recentemente ha ricominciato le sue esposizioni secondo un nuovo piano triennale.
“Theoria” è invece proprio il nome di questa nuova galleria diffusa su 700 metri quadrati, in tre livelli e cortile interno, in un Palazzo del 1400, vecchia proprietà della Curia passato in mani di privati che ne hanno cambiato i connotati architettonici, preservando però alcuni elementi sedimentati nel corso dei secoli, come un tondo affrescato databile intorno al XVIII secolo e del cui autore non si trovano tracce negli archivi. Un piccolo altarino nel muro del cortile fa da contrappunto a una parte di mobilio anni ’30, mentre un soffitto a cassettoni si alterna a candidi muri e a diversi impianti stereo di varie epoche del ‘900, tutti perfettamente funzionanti. É uno strano ibrido lo spazio di “Theoria”, curioso come il concept che hanno avuto i proprietari: anziché farvi un ristorante tout court, uno dei tanti bar lounge che affollano le nostre città, e soprattutto che in un luogo come Como poteva forse essere quasi più appetibile a livello monetario, si è scelta, insieme al cibo di un’ottima cucina, anche la strada dell’arte. Giada Gaia Gherardi, direttrice artistica del nuovo spazio, ha scelto per l’occasione un titolo che racconta bene il “mood” che si respira in Theoria: “Presenze”.
Anche stavolta per connotare ulteriormente il dinamismo di una location che racconta l’arte in una modalità un po’ borghese un po’ scanzonata, dove è l’approccio figurativo a farla da padrone in un allestimento con sei voci femminili che si confrontano con temi che sfiorano l’inquietudine, la storia personale, la fascinazione per un mondo sempre distante.
Ibridi e talvolta freddi, sempre metaforicamente spinosi, i fiori recisi immortalati da Claudia Botta, mentre Tamara Ferioli nell’Impermanenza dei rapporti lineari crea un’installazione site specific di grande intensità attraverso una serie di catalogazioni di piccole parti vegetali; ancora fotografie con Carla Iacono, che ritualizza i passaggi dell’infanzia mentre Francesca Marzorati dipinge atti quotidiani, così come Annalisa Pirovano guarda al site specific vero e proprio, costruendo un “ritratto” del camino di una delle sale con la presenza della collega Ferioli a fare da modella. A chiudere Paola Sala e le sue stranianti figure femminili dipinte, mentre di casa è l’artista russa Irina Katchanova, al piano terra con i suoi studi, un po’ paesaggisti un po’ “impressionisti”
La programmazione futura? «A intervalli bimestrali, senza distinzione di medium, e senza sessismi, con il terzo piano sempre dedicato a giovani artisti», ci racconta la curatrice. Un luogo da vivere, dove si potrà bere un bicchiere in tutte le aree della “galleria”. Le virgolette? Le usiamo di proposito. Perché non è possibile ascrivere “Theoria” nel rango degli spazi commerciali dell’arte, quanto piuttosto in una dimensione che possa attrarre anche un pubblico che voglia staccare dall’ambiente e dai rituali standard del bar e della fruizione dell’arte. E non è facile, soprattutto in un porto turistico e soprattutto di questi tempi. Dove impegnare quattrini in un’attività culturale-culinaria può essere fatale come premere il grilletto alla roulette russa.

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