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L’indifferenza, ancora. Liliana Segre, superstite di Auschwitz, nominata senatrice a vita

di - 22 Gennaio 2018
Raccontare la shoah, portare la propria testimonianza, sensibilizzare intere generazioni cercando di restituire l’immagine, se non è possibile la comprensione, di ciò che è avvenuto. Questo è il compito di cui si sono fatti carico i sopravvissuti ai campi di sterminio. Tra loro, c’è Liliana Segre, una donna che ha speso la sua vita a riferire l’inenarrabile, quei luoghi orribili i cui confini fra l’umano e l’inumano si sono cancellati per sempre. Segre li riporta in luce, ogni volta, da decenni, come superstite.
Spiega Giorgio Agamben nel suo saggio Quel che resta di Auschwitz, «In latino ci sono due parole per dire testimone. La prima, testis, da cui deriva il nostro termine testimone, significa etimologicamente colui che si pone come terzo in un processo o in una lite tra due contendenti. La seconda, superstes, indica colui che ha vissuto qualcosa, ha attraversato fino alla fine un evento e può, dunque, renderne testimonianza». Liliana Segre è in ogni senso una superstite e come tale è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare». Queste sono state le prime parole di Liliana Segre dopo avere saputo della nomina del tutto inaspettata, come lei stessa ha affermato, informata telefonicamente dallo stesso Mattarella.
Nata a Milano nel 1930, Liliana Segre venne deportata quando aveva tredici anni, il 30 gennaio 1944, dal binario 21 della stazione Centrale di Milano al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Liberata dall’Armata Rossa il primo maggio 1945 dal campo di Malchow, dopo aver fatto la marcia della morte. È Liliana Segre ad aver voluto fortemente che si scolpisse sul muro in cemento armato del binario 21, divenuto il Memoriale della shoah di Milano, la scritta “Indifferenza” come monito incancellabile.
Oggi, a ottant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali firmate da Mussolini e Vittorio Emanuele III di Savoia, è proprio questa parola, “indifferenza”, a preoccuparci come allora. Consci del fatto che fu l’indifferenza a causare morti, approvando silentemente la barbarie che si scatenò su milioni di persone. Oggi che si continua a parlare di razza sotto gli sguardi e le orecchie di molti indifferenti, Liliana Segre porta nelle scuole, da cui venne espulsa all’età di 8 anni in quanto ebrea, i suoi ricordi e i suoi dolori, con un unico scopo, quello di non dimenticare. (Giorgia Calò)

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