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Louvre non ti temo. L’Ermitage presterà due opere di Leonardo da Vinci a tre musei italiani

di - 13 Maggio 2019
È sicuramente il Louvre l’epicentro del cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, con una grande mostra che si annuncia senza precedenti. Ma una soddisfazione e nemmeno poi tanto piccola se la prendono anche tre musei italiani non così famosi.
L’Ermitage di San Pietroburgo – un altro “it museum” – ha infatti accordato il prestito della Madonna con Bambino, conosciuta come Madonna Benois, al Museo Comunale di Fabriano, in occasione della Conferenza Unesco che si terrà a giugno. L’opera rimarrà in esposizione per un mese e, successivamente, sarà trasferita alla Galleria Nazionale di Perugia, dove rimarrà per tutto luglio. L’opera, sicuramente di mano leonardesca, è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela, databile tra il 1478 e il 1482 ed esposta all’Ermitage dal 1914.
Al di là della ormai stantia retorica sovranista e nazionalista, che nelle discussioni sull’opportunità dei prestiti di Leonardo non ha mancato di esprimersi, è un virtuoso esempio di do ut des, visto che il prestito è stato concesso in cambio di un’opera di Piero Della Francesca, precedentemente prestata all’istituzione russa per “Piero della Francesca. Monarch of Painting”, la grande mostra dedicata al maestro rinascimentale, aperta fino al 10 marzo e per la quale ben sei dipinti, sugli undici totali, provenivano dall’Italia. «Il museo ha voluto offrire il proprio contributo alle commemorazioni in onore di Leonardo da Vinci e ci è sembrato sensato chiedere all’Ermitage un lavoro che si riferisse a questo importante evento», ha detto Lara Anniboletti, portavoce della Galleria Nazionale dell’Umbria.
L’Ermitage presterà anche un altro dipinto, questa volta al Museo Poldi Pezzoli di Milano, fulcro di una mostra che aprirà a novembre 2019 e sarà incentrata sull’esperienza milanese del genio vinciano e sulla sua eredità lombarda. Si tratta della Madonna Litta, databile al 1490 circa e chiamata così perché nel 1865 Antonio Litta Visconti Arese la vendette allo zar Alessandro II, per una cifra paragonabile a circa 2,5 milioni di euro. Una sorta di ritorno a casa, quindi, visto che Antonio Litta, morto nel 1820, apparteneva a una delle più importanti famiglie nobiliari della capitale della Lombardia ed era conosciuto come un raffinato collezionista, oltre che per la sua attività politica e diplomatica.
L’opera, una tempera su tavola, è tanto famosa quanto controversa: nei cataloghi del museo russo è attribuita a Leonardo ma, secondo molti e autorevoli pareri, è stata eseguita in gran parte da uno dei suoi allievi, forse Giovanni Antonio Boltraffio o Marco d’Oggiono, su un probabile originale perduto del maestro. Peraltro, al Louvre è conservato uno dei due bozzetti dell’opera, questi autografi di Leonardo. Al Poldi Pezzoli, l’opera sarà esposta accanto a un altro pezzo della collezione Litta, una Vergine col Bambino di Boltraffio.
«Abbiamo un nucleo di opere dei seguaci di Leonardo e abbiamo voluto indagare su questo gruppo di artisti che ha lavorato a stretto contatto con lui durante il suo periodo milanese, portando avanti le sue idee, usando le sue tecniche», ha detto Andrea di Lorenzo, conservatore del museo.

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