Davanti al Centre Pompidou, in questi giorni e fino al prossimo gennaio, ci sono le sagome di due campioni presi nell’atto di uno dei momenti più bassi della storia del calcio: stiamo parlando del francese Zinédine Zidane e dell’italiano Marco Materazzi, che si prese una testata in pieno petto proprio dall’avversario, durante la finale di Coppa del Mondo del 2006. Una scultura che sta facendo impazzire media e turisti, quotidianamente in fila per fare foto ricordo davanti ai propri eroi del pallone, aumentando le chiacchiere da bar, specialmente quando si tratta di campanilismi tra Italia e Francia. L’opera fa parte della mostra dedicata all’artista Adel Abdessemed, “Je suis innocent”: un Ponzio Pilato che si lava le mani di fronte alla violenza degli altri, e che ce la ripropone in modalità mediata, come se in qualche modo facesse meno male, nell’attimo congelato del suo farsi.
Una poetica “barocca”, che ha fatto definire l’artista un prosecutore delle estetiche di Jan Fabre o Damien Hirts: «Adel Abdessemed sogna quasi sempre le sue opere d’arte – ha dichiarato il curatore Philippe-Alain Michaud-. Questi pezzi in primo luogo esprimono la ferocia dei sogni, piuttosto che affrontare la politica o la storia, e sopravvivono a pezzi, dopo essere stati caoticamente assimilati dall’artista durante il sonno». Un’opera che probabilmente sarà destinata a lasciare un segno tra i pezzi dedicati alle “attitudini” del mondo contemporaneo, che si potrebbe sposare piuttosto bene con un “sonno della ragione che genera mostri”. A compendio della mostra parigina, inoltre, un bel libro-intervista, edito da Actes Sud, in cui l’artista dialoga con il critico italiano Pier Luigi Tazzi.