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Milano is burning/3. Benvenuti a FM, ovvero il centro per l’arte contemporanea dei Frigoriferi Milanesi. Un progetto più unico che raro

di - 6 Aprile 2016
Tra i commenti, stamattina, alla press preview del nuovo FM Centro per l’Arte Contemporanea in via Piranesi 10, c’era chi ripeteva il classico adagio: “Non sembra di essere in Italia”.
In effetti il progetto di Open Care sotto la direzione artistica di Marco Scotini, a primo impatto è una bomba. Uno spazio per grandi mostre realizzate in collaborazione con collezioni private, un altro “temporaneo” per gallerie d’arte contemporanea impegnate su progetti comuni (e per il lancio c’è “Corale”, foto sopra, ovvero la joint venture intergenerazionale tra gli artisti di SpazioA, Monitor e P420) e anche la nuova sede di Laura Bulian, la prima a trasferirsi qui lo scorso novembre.
Secondo l’Amministratore Delegato di Open Care, Elisabetta Galasso, il progetto è nato seguendo una serie di nuove esigenze: prima di tutto c’è la volontà di collaborare con enti e collezioni private, e poi anche per dare visibilità a gallerie e avere un’area dedicata agli archivi.
La mostra “L’inarchiviabile”, in effetti, è la dimostrazione evidente di come questa nuova avventura dell’arte milanese sia legata proprio a queste volontà: in scena, in un allestimento rigoroso, studiatissimo e che fa capo alle ultime due mostre bolognesi curate da Scotini, dedicate al Medio Oriente e all’Est Europa, ovvero “Il piedistallo vuoto” e “Too Early, Too Late”, sono in scena gli altri anni ’70, lontani sia dal piombo che dall’arte povera, e che hanno visto i prestiti di collezionisti come Giorgio Fasol, Alfonso Artiaco, Consolandi, La Gaia, Maramotti, Setari, Giorgio Maffei, Marinoni, Enea Righi (la mostra è co-curata con Lorenzo Paini) e Viliani, tra gli altri, più una serie di archivi coinvolti, da quello di Uliano Lucas a Fabio Mauri.
«Si è trattato di iniziare un percorso che dia una libertà molto ampia alla proposta – dichiara Scotini, che ricorda anche la vecchia scommessa dei corsi della Nuova Accademia di Belle Arti, oggi diventati un’eccellenza europea – che in una qualsiasi struttura “pubblica” non sarebbe stato possibile». Il risultato? Potrete scoprirlo voi stessi domani sera, ma in qualche modo ve lo abbiamo già detto.

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