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Minimalista, colorato, meraviglioso, Made in Italy. Gli imperdibili oggetti di Design Miami

di - 6 Dicembre 2018
Se c’è uno spazio in cui certi oggetti sembrano ancora più seducenti, questo è Design Miami/, senza dubbio la migliore manifestazione nell’ambito della art week in Florida, al punto da poter essere ormai definita adiacente ad Art Basel Miami Beach, più che collaterale. Anche perché è a pochi passi dal Convention Center che ospita la fiera. E le similitudini non sono finite, perché Design Miami/ apre una sua edizione a Basilea, ogni anno, a giugno.
Tutto è molto godibile, d’altra parte si tratta pur sempre di oggetti di uso più o meno quotidiano, che siano borse, tavoli, collane, lampade, divani o porta tronchetti per il camino. Troviamo così Fendi che, per celebrare la decima partecipazione alla fiera, ha ingaggiato Sabine Marcelis, tra le firme più in voga del momento e già autrice di progetti per Céline, Isabel Marant e OMA-Office for Metropolitan Architecture. Per il brand italiano del lusso, ha proposto uno stand interamente dedicato a Roma e alle sue suggestioni eterne. E così, il logo della doppia F disegnato da Karla Lagerfeld nel 1965, la struttura del Palazzo della Civiltà Italiana, headquarters del gruppo dal 2015, i pattern della pelletteria, tutti gli elementi visivi che abbiamo imparato a riconoscere a metri di distanza, si trasformano in dieci piccole fontane di travertino e resina trasparente. Italia anche per Louis Vuitton, che presenta i nuovi complementi d’arredo della serie Objets Nomades realizzati da Atelier Biagetti, habitué di Miami, oltre che dagli svizzeri di Atelier Oi e da Tokujin Yoshioka. In esposizione sempre per Vuitton anche una rielaborazione della poltrona Cocoon dei fratelli Campana. Sempre per gli stilosi nostalgici del Made in Italy, la proposta di Erastudio Apartment–Gallery, con un assortimento di nomi che hanno fatto la storia: Ugo Marano, Gino Marotta, Gianni Pettena, Ettore Sottsass, Nanda Vigo. A metà tra organico e sintetico, sicuramente non tranquillizzante ma per questo sinistramente affascinante, il tavolo del giovane Théophile Blandet, con volumi sovrapposti di resina e plastica a simulare dei tronchi e delle assi di legno irregolari.
Da non perdere la sezione Curio, che invita espressamente gli espositori a sbizzarrirsi nell’allestimento, ponendo l’accento sui progetti più sorprendenti, presi tanto dalla storia del design, quanto dalle più avanzate ricerche tecnologiche. Kurimanzutto – che espone anche ad Art Basel – presenta un pezzo fondamentale del design messicano, la coloratissima sedia Arrullo, progettata nel 1969 da Oscar Hagerman e immancabile per qualunque casa in cui ci sia almeno un poster di Frida Kahlo. Diametralmente opposta, la linea minimalista di Roland Gebhardt, presentato da Karla Osorio Gallery. A qusto punto, la domanda è inevitabile. Arte o design? Per rifletterci, meglio accomodarsi sulla sedia colorata di Max Bill, presentata per The Corner Piece N°2, progetto di Martina Simeti, a cura di Ligia Dias, artista e designer. Il primo capitolo si svolse a Independent Brussels, nell’aprile 2017, e anche per questo secondo appuntamento il tema è la leggendaria precisione svizzera, un’aspirazione progettuale e concettuale che accomuna le ricerche di Bill, Valentin Carron, Johana Dahm, Bruno Munari, Meret Oppenheim, Walter Pfeiffer, Bernard Schobinger e della stessa Dias, sintetizzate da una attenta scelta dei loro lavori, esposti al booth.
In alto: Martina Simeti, The Corner Piece N.2. Ph. Andrea Rossetti

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