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New York Art Week/10. Last but not least: tutti al Club57, che torna al MoMA

di - 12 Marzo 2018
In un MoMA la cui collezione permanente è in parte volata a Parigi, in attesa che i lavori di ampliamento del museo firmati da Diller Scofidio + Renfro volgano al termine (2019, stando all’ufficialità), tutti sono in fila per le mostre di Tania Bruguera, per la scoperta del Modernismo Brasiliano nella pittura di Tarsila do Amaral e per le meravigliose immagini (puro Made in USA) di Stephen Shore.
Nel Basement, però, c’è una piccola mostra che racconta di un luogo rivoluzionario che ha fatto la sua storia in una manciata di anni, dal 1978 al 1983, in St.Mark Place-East Village. Era il Club 57, che sorgeva nei sotterranei della chiesa polacca ed ebbe il suo esordio come un luogo senza budget per mostre, serate di musica e proiezioni, fino a diventare rapidamente il vero “culture-club” newyorchese, sfoderando quello che di meglio l’originalità e la creatività di quegli anni tirava fuori. E divenendo, in poco tempo, un posto con il quale chiunque sia venuto dopo ha dovuto fare i conti. New York, ovviamente, era una città completamente differente: l’art world era roba di pochi intimi, la presidenza di Ronald Reagan imperversava, dowtown east non era di certo un posto troppo raccomandabile. Per inciso, nella stessa strada, era già presente Trash & Vaudeville, il celeberrimo shop dove anche Yoko Ono e John Lennon tennero le loro azioni qualche anno prima della nascita del Club 57, forse la vera antitesi dello Studio 54.
E ora il MoMA celebra questa manciata di anni e questo luogo creativo nel vero senso della parola, con un’esposizione di manifesti, video, efemera, con il Cosmic Closet di Kenny Scharf realizzato con Keith Haring, e i disegni di Keith (che faceva pure il curatore) per Kenny, i video sarcastici di Ann Magnuson e Tom Rubnitz, i fumetti di Natalya Maystrenko, le pitture espressioniste di Tabboo! e una infinità di manifesti bellissimi realizzati da John Sex oltre che a un programma di film dell’epoca, le sculture-collage-animazioni di Henry Jones e le fotografie di Henry Garfunkel.
Non vi diranno forse nulla ma, sulle note di Pet Shop Boys, David Bowie e pure Cindy Lauper, forse riconoscerete qualcosa che vi appartiene. Un momento spensierato e disperato allo stesso tempo, con una epidemia che da lì a poco avrebbe iniziato a falcidiare, con la politica e i media pronti a infangare e a mettere il silenziatore, mentre il sipario calava e forse si aveva anche un po’ meno voglia di ballare.
Una piccola esperienza da rivivere, o da vedere, fino al prossimo 1 aprile. Con un bel catalogo da collezione.

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