Un anno fa, il 4 marzo 2013, Napoli si svegliava orfana di una delle sue punte di diamante, in fatto di cultura. La città della Scienza di Bagnoli, infatti, era stata distrutta da un incendio vastissimo, “un attacco criminale” secondo il sindaco De Magistris, in un’ipotesi tutt’altro che implausibile.
Della Città della Scienza furono risparmiati solo i muri perimetrali, mentre gli interni dei Padiglioni sono stati completamente divorati dal fuoco. A poggiare una mano sulla spalla, all’epoca, era anche arrivata l’unione europea, che aveva promesso un contributo per la ricostruzione, anche se allo stato attuale, l’unica certezza su cui si può contare, è la mano dell’arte e degli artisti.
Che come una Fenice, e non a caso “La Fenice” è proprio il titolo scelto per il progetto che vi stiamo per raccontare, riesce a far rinascere dalla cenere nuove forme e nuovi momenti culturali.
Si parte domani, a un anno esatto dal fuoco, con le Migrazioni di Michele Iodice: l’artista napoletano creerà per l’occasione, come sempre avviene nel suo lavoro, un’installazione site-specific a forma di nido. In questo caso la dimensione “in-situ” dell’opera è totale, perché anche i materiali della sua composizione sono quelli di risulta di Città della Scienza.
Il nido sarà collocato all’ingresso della fondazione, in una sorta di auspicio per la rinascita, come del resto è tutto il progetto “Napoli per Città della Scienza”, nel quale si inserisce proprio “La Fenice”, ideato e curato da Sabina Pecorella: una testimonianza, e una riflessione, sui processi di mutazione che stanno avvenendo nel mondo culturale napoletano, sempre in bilico tra eccellenza ed enormi gap da colmare.
Ma si sa, la Fenice rinasce, e probabilmente anche stavolta non tradirà le aspettative, nonostante promesse mancate e habitat poco ospitali.