La prima, quella di A bocca chiusa, performance di Ivana Spinelli (in home page, foto di Michele Alberto Sereni) che ha aperto la rassegna domenica 22 luglio, vede la voce – o meglio, tredici voci – farsi lamento, brontolio, in una composizione di azione che sembra rimandare a quella musicale. Si ha infatti la sensazione di assistere all’esecuzione di una partitura: sono l’apertura e la chiusura del portone d’ingresso della chiesa a scandire l’inizio e la fine della performance, come fossero due gesti inequivocabili di un direttore d’orchestra. C’è poi l’azione centrale, il vero svolgimento della performance, che va ad instaurare un’atmosfera e una dimensione vicine a quelle di un rituale: i tredici volontari che, a testa china, abitano il centro dell’unica navata della chiesa, mostrano, sin dalle prime mosse, un raccoglimento che crea assonanze con una forma di preghiera. È una preghiera svincolata da un qualunque credo religioso, una preghiera indirizzata ad un indefinito, una preghiera che si esprime tramite un mugugno corale il quale, in pochi attimi, finisce con il saturare lo spazio fisico e sonoro. Un climax che riflette e fa riflettere sulle potenzialità del lamento, sui limiti della comunicazione, sul destinatario delle nostre “preghiere” – “il lamentarsi può creare azione?”
Seppur in termini altri, anche la performance del 25 luglio che ha visto per la prima volta Giovanni Gaggia nelle vesti di regista, mette in gioco la voce attribuendo ad essa più di un compito, più di un obiettivo. La voce dei dodici lettori coinvolti nel progetto – dodici, tra abitanti di Fano e immigrati – ha offerto al pubblico dodici brevi testi estratti da sei diverse scritture sacre divenendo così non solo il mezzo espressivo di una intima ricerca di spiritualità ma anche strumento costruttivo di una rete e di un ascolto tra diversità. La voce, in PROPHÉTA 12+1 – (sopra, foto di Michele Alberto Sereni) morire a se stessi per poi rinascere, fa poi muovere, induce il movimento del corpo nudo del danzatore Leonardo Carletti – simbolo di purezza di fronte a se stessi e al proprio percorso di rinascita – fungendo da partitura per una successiva scrittura coreografica. La voce dice, espone, testimonia (profetizza). La voce viene ascoltata e poi tace, ascolta l’altra voce e ascolta il movimento. La voce agisce ed è capace di far agire.
Ultima declinazione, quella a cui si è potuto assistere il 28 luglio: Nn – Memories of you (real time) di Alessio de Girolamo. Elaborando sin dapprincipio un concreto legame con il contesto ospitante, de Girolamo propone un omaggio dal sapore malinconico e vagamente onirico a Lionel Hampton e alla sua Memories of you che, ventisei anni fa, avrebbe dovuto aprire la prima edizione del Fano Jazz by the Sea. Il suono di un tuono, che in maniera fin troppo chiara richiama al forte temporale per il quale quel famoso concerto fu annullato, apre la performance risuonando nella navata libera della chiesa, per lasciare poi spazio ad un intrecciarsi delle prestigiose note del sassofono con i suoni ambientali campionati live dall’artista.
Arte & Jazz PERFORMING, una rassegna che ha saputo mettere in scena e accordare tre diverse sensibilità e poetiche del “sonoro”, partendo da ciò che, anche silenziosamente, risuona dentro e spinge poi a un qualche tipo di azione. Azioni volte all’espressione, alla comunicazione, alla conoscenza, alla memoria. (Marta Magini)
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