Si avvicina l’inaugurazione della 58ma edizione della Biennale Arte di Venezia, che aprirà le porte l’11 maggio, e incalzano le presentazioni dei Padiglioni, sia negli Stati di appartenenza che all’estero. Oggi, alle 18.30, il Padiglione Albania, affidato dal Ministero della Cultura albanese all’artista Driant Zeneli e alla curatrice Alicia Knock, sarà presentato alla Triennale di Milano, dopo gli eventi, nelle scorse settimane, ad ArTurbina, a Tirana, con l’intervento del Ministro della Cultura Elva Margariti, e alla Cité internationale des arts, a Parigi. Il titolo dell’opera che occuperà l’intero padiglione all’Arsenale è Maybe the cosmos is not so extraordinary (2019) e, come spiega il comunicato stampa, si tratta di «Un’installazione che combina video e scultura, risultante da un progetto multidisciplinare intitolato Beneath a surface there is just another surface, iniziato nel 2015 al Metallurgjik, un complesso industriale distopico, ad Elbasan, Albania. L’opera, e il titolo, derivano dal racconto di fantascienza Sulla via per l’Epsilon Eridani (1983) dello scrittore e fisico albanese Arion Hysenbegas».
Maybe the cosmos is not so extraordinary fa parte della tua nuova trilogia Beneath a surface there’s just another surface. Qual è la maggior differenza con la precedente trilogia, When dreams become necessity, molto nota e apprezzata?
«Beneath a surface there’s just another surface è una trilogia parte direttamente dall’incontro con uno o più persone. Nella mia prima precedente trilogia, When dreams become necessity, al centro c’ero io con vari tentativi e fallimenti, ora sento di più la necessità di lavorare direttamente con altre storie e con altri tentativi. Le opere filmiche non sono mai storie reali, ma sono i personaggi che interpretano loro stessi nella rappresentazione dei loro stessi sogni e tentativi reali. Quello che mi interessa non è solo il rapporto dell’uomo con lo spazio o la tecnologia. Tutto viene creato dalla distanza che l’uomo crea con l’altro uomo e trovo molti interessanti la distanza e la tensione che noi creiamo ogni giorno usando lo spazio fisico e virtuale».
Sei l’artista che quest’anno rappresenterà l’Albania alla Biennale di Venezia. Che cosa pensi della scena artistica albanese contemporanea?
«La scena artistica albanese è molto fertile, ci sono bravissimi artisti e addetti ai lavori che credono in quello che fanno. Spesso si lavora molto su progetti individuali invece si dovrebbe collaborare di più tra istituzioni e privati, scuole e università. Spesso nascono dei progetti che hanno una grande energia all’inizio e poi all’improvviso svaniscono per vari motivi. Si dovrebbe pensare a progetti a lungo termine anche se come le meteoriti tutto un giorno finisce, ma almeno sarebbe importante lasciarne traccia». (Silvia Conta)