Chieri, cittadina nel torinese che guarda all’astigiano, è stata un fiorente centro tessile. Uno dei luoghi deputati a rammentare le origini chieresi è l’Imbiancheria del Vajro, edificio cinquecentesco recuperato una decina di anni fa, che ora ospita rassegne di vario genere, fra cui la Biennale d’Arte Tessile. Velan è invece una sorta di kunsthallina di Torino, che ogni anno propone la rassegna Versus. E quest’anno Versus XI è allestita proprio all’Imbiancheria. In spazi luminosi e articolati, Lorena Tadorni ha ideato un percorso che, al contrario di ciò che avveniva negli anni precedenti, dimostra un pensiero curatoriale presente anche se non soffocante.
Il primo lavoro in cui ci si imbatte -ma il verbo è più che mai impreciso, visto che tende a passare inosservato- è quello di Felipe Aguila. Il video Latro Sum scorre infatti su un monitor di sorveglianza, dove lo stesso artista viene ripreso mentre ruba del denaro dalla cassa del locale dove lavora. Ancora immagini in movimento per l’animazione di Rita Casdia, che con un tratto naïf colpisce al volto lo spettatore, mostrando con una brutalità adolescenziale la maternità e il parto. Restando in ambito femminile, Francesca Gagliardi utilizza terracotta, bronzo, colori e feltro per riproporre insistentemente il proprio armadio, in particolare paia di scarpe appena abbozzate. Un certo atteggiamento ossessivo che torna nei lavori di Irene Rossi, con casette di bambola confezionate con materiali profondamente connotati dal punto di vista del genere, ossia stoffa, perline e paillettes.
Cambia la prospettiva nelle stampe dei son:DA, ma l’ossessione permane. Gli sloveni Metka Golec e Horvat Miha riflettono sulla pervasività della tecnologia nelle società occidentali, con un profluvio di prese elettriche in una stanza o la moltiplicazione incontrollata di pali della luce all’esterno di un’altra camera, dove i protagonisti sono mummificati. Ritorna l’urbanità artefatta nei disegni e nei collage di Carina Randløv, giovane artista di Copenhagen che in certe scelte allestitive ricorda addirittura Marisa Merz, pur discostandosene radicalmente nelle opzioni formali. Il collettivo torinese Softly.Kicking ha invece incellophanato una consolle da dj, di fronte alla quale un video emetterà l’attesa musica da club soltanto se lo spettatore prenderà l’iniziativa di posizionarsi dietro al mixer.
La tecnologia padroneggia la cancellazione dell’operatività autoriale nelle stampe che Fabio Franchino fa elaborare a un complesso software digitale, che lavora sulla base di un algoritmo procedurale sul quale l’artista non ha più controllo dal momento in cui la procedura stessa ha inizio. Se dunque in questo caso la manualità è assente, al contrario avviene nelle tecniche miste di Flaminia Mantegazza, originaria di Rio de Janeiro, dove l’informale è reso dall’utilizzo della carta di giornale pressata e lavorata con tecnica da miniaturista.
Forse l’unico lavoro eccentrico in questa panoramica è quello proposto da Elena Biringhelli. Ed è senza dubbio uno dei migliori. Una riflessione sentita sulla memoria e la presunta oggettività della fotografia, presentata con grande maturità. Che si espleta in una serie di scatti su cui l’artista è intervenuta, per poi riporli in piccole scatole lignee.
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