New Entries e Premio
Carbone ad Artissima 2009
– con non poche polemiche – Norma
Mangione Gallery si difende al meglio. Con raffinata ricercatezza. Curata da
Simone Menegoi, la doppia personale di Craig e Laessing presenta i lavori di
due inglesi in una sorta di ripensamento della scultura e della sua
trasformazione.
Nick Laessing (Londra, 1973; vive a Berlino) si fa spazio con
Free
Energy, prototipo
di un dispositivo elettrico inventato negli anni ’70 dallo scienziato outsider
John Bedini. Si tratta di una macchina nuda e grezza, ma ingegneristicamente
ben congegnata, che produce energia
for free, gratuitamente. Perché –
contrariamente al principio “nulla si crea nulla si distrugge” di Lavoisier –
secondo Bedini l’energia si può trovare liberamente in natura. Apparentemente
sono sufficienti all’artista una calamita, delle bobine di fili di rame e un
vecchio chiodo, e il gioco è fatto. Un’operazione
handmade che nasconde complessità costruttive
proprie della fisica.
Le opere di Leassing partono dal puntuale studio di
esperimenti di scienziati, o presunti tali, sull’antigravità (nel caso del
russo Viktor Grebennikov) e sulla ricerca dell’energia perpetua. C
ostituite da
vecchie interviste radiofoniche (riproposte in galleria e trascritte per
l’occasione sui
Bulletin), le sue ricerche includono tutte le informazioni utili alla
ricostruzione dei dispositivi.
L’installazione riesce così a produrre l’energia
necessaria per autoalimentarsi, creando un surplus in seguito conservato in
batterie ricaricabili adattate ad altri meccanismi in mostra. L’interesse di
Laessing è dunque per quelle sperimentazioni neglette ed escluse dalla scienza
ufficiale. Perché anche se la parascienza non è mai stata legittimata – come
del resto l’alchimia – il britannico è affascinato e sedotto dalla ricerca
pura, dal percorso per il raggiungimento degli obiettivi. E dove c’è uno scopo
preciso, un’idea autentica va oltre la scienza convenzionale.
Sempre in una zona grigia, a metà fra tecnologia e
innovazione, si colloca
Kit Craig (Oxford, 1980; vive a Londra). Interessato alla scultura,
in termini di costruzione e demolizione, Craig è solito creare installazioni
con materiali di recupero, veri e propri assemblaggi accantonati e spesso
distrutti. Dei lavori, infatti, restano solo le riproduzioni: tavole ad
acquerello, inchiostro e altre tecniche.
La distruzione delle sculture non è imputabile solo a
contingenze spaziali (gli atelier nella capitale britannica sono di piccole
dimensioni in proporzione al prezzo degli affitti, e ciò influenza
inevitabilmente la produzione artistica in termini di scala), ma soprattutto a
uno slittamento concettuale nel passaggio dalla creazione alla riproduzione. Il
processo è dunque inverso: prima la scultura e in ultimo il disegno.
Marchingegni per ologrammi e macchine per la rifrazione
sono i dispositivi di Craig per indagare il principio di traduzione. Poiché –
con tutte le distorsioni e incongruenze proprie di ogni traduzione – la prima
idea è sempre l’unica.
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Benebene. Ma quello sulla sinistra non è Francesco Barocco. Ancora ikea raffinata ed evoluta. Però, l'ikea originale ,per quanto dozzinale, è forse meno pretenziosa.
claudio cravero non dire cavolate per favore. sappiamom qual'è il tuo pensiero rigurado questa galleria..un pò di serietà per favore.
mezza giornata è rimasta visibile questa recensione. è molto amata questa galleria si direbbe!ugh!
bravo antonio tu parli di serietà, ma cred che ormai sia del tutto inutile. mancanza di serietà da tutti i fronti, chi scrive e chi fa mostre, come in questo caso.