Chiedersi quale sia l’influsso preponderante, se un gesto informale alla Wols o un tratto segnico di carattere orientale, è legittimo, ma non è forse riflessione appropriata per leggere queste opere posate su tela grezza e fatte dialogare nello spazio bianco della galleria. Si direbbe piuttosto che Stefano Giorgi segua spontaneamente (e intenzionalmente) quella che il noto sinologo François Jullien definirebbe come un’irriducibile ma feconda differenza tra sapere e intuizione, saggezza e verità, cultura occidentale e cultura orientale. C’è un inevitabile scarto tra i due mondi, ma che è più un luogo di scambio (creativo) che una lontananza inconciliabile.
Il “nudo non è impossibile” sembra sostenere il pittore, parafrasando per sovvertirla la tesi di Jullien nel suo Il nudo impossibile, nemmeno utilizzando le tecniche orientali dell’inchiostro di china. La sua sfida è veramente ardita, perché la figura anatomica è per definizione la struttura portante della cultura visiva occidentale, del disegno accademico che è servito per secoli da termine di paragone per giudizi di valore.
Quello di Giorgi è il gesto pittorico di un istante e, come tale, esperito del carattere d’illusione. Tuttavia è anche un resto di figuratività, di un
Nella seconda sala della galleria sono esposte tre grandi tele con la stessa figura femminile leggermente inclinata nella parte inferiore degli arti. Ricorda, secondo le parole dell’artista stesso, lo stereotipo della dea-madre, statuetta millenaria dalle forme generose. In realtà, di questo stereotipo non è rimasto che quell’inclinazione curiosa delle gambe (né inginocchiata, né appoggiata), che Giorgi sfrutta per ottenere un movimento a salire dell’immagine e allungarla a partire da un vuoto più o meno centrale. Poichè l’inchiostro di china non permette una rielaborazione prolungata delle forme, quel resto di figuratività è reso con leggeri rialzi di bianco, piccoli tocchi per dar vita a un viso, o con assenze cercate.
Penombra è il titolo di questa mostra intima, una semioscurità che sfuma le forme più che i contorni, spandendole in un gesto nero nel bianco della carta.
emanuela genesio
mostra visitata il 13 maggio 2006
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