La fotografia narrativa che Francesco Jodice presenta nella sua personale torinese è una interessante evoluzione dei lavori passati. Nato nel 1967, l’artista napoletano (laureato in architettura) ha viaggiato nelle metropoli per raccontare il rapporto tra i nuovi paesaggi urbani ed i suoi abitanti. Cartoline da altri spazi (1997) mostrava individui indifesi e disorientati in aree sideree e avulse, come nella nuova zona degli affari di Napoli (di cui sono presenti in mostra alcune immagini). I testi coglievano frammenti di conversazioni fuggevoli, casuali, lievi e profondi come haiku metropolitani, affiancati a grandi immagini tramate da luci artificiali e quasi dissolte nel nitore di una fotografia sovra-esposta, si direbbe, per principio.
Il caso Crandell approfondisce una poetica del segugio, del ricostruttore di eventi, che porta il random viewer, come si autodefinisce l’artista, verso un’arte assolutista che scova e rimonta le tessere di un panorama di senso compiuto, come un fatto indimenticabile. La storia di un diciassettenne che stermina a fucilate la propria famiglia (fratellino e cuginetto inclusi) al fine di ereditare i beni di famiglia è un evento che unisce la fatalità del matricidio di Oreste con misteriose atmosfere alla Twin Peaks. Francesco Jodice ne trova notizia su internet e decide, mettendo a frutto il servizio di leva nel nucleo investigativo dei Carabinieri, di ricostruire l’evento. Un evento che non si svolge all’ombra amnestica di grattacieli metropolitani, ma nella terra memore di un paesino dello stato di New York. Gli edifici di Chatam serbano dal 1986 i segni di quel giorno tragico e Jodice li fotografa come sinistri monumenti. Non si accontenta di poche suggestioni e durante l’estate 2002 interroga
Curata da Valerio Tazzetti, la mostra presenta foto e testi che percorrono le tappe fondamentali della vicenda: il bosco in cui si esercitava Wyley Gates, la palude in cui gettò le armi, il Crandell Theatre luogo dell’alibi, il bar dove si incontrava con i complici, il nascondiglio per le armi e la casa maledetta. Alcuni di questi luoghi sono rimasti com’erano, ma la casa di Wyley è stata nuovamente abitata, tornando ad essere quella gentile presenza ai bordi del paese che è sempre stata: di nuovo anonimo tassello di una provincia sterminata che a volte si infiamma per casi assurdi.
Il risultato del lavoro di Jodice, ospite all’ultima Documenta XI con il collettivo Multiplicity , è una cartografia poliziesca che ricostruisce minuziosamente gli istanti prima della tragedia, usando tutte quelle indicazioni utili a dare un’immagine definitiva, piena di senso, verità e certezze, a una tragedia fin troppo chiara per essere comprensibile.
articoli correlati
Jodice in una colettiva a Milano
Francesco Jodice ‘scrive’ su Flair
link correlate
www.multiplicity.it
www.useproject.net
www.virtualgallery.fotomodo.com
nicola angerame
mostra visitata il 9 marzo 2003
La nascita della Sonnabend Collection Mantova, dentro il restaurato Palazzo della Ragione — inaugurata il 29 novembre 2025 con 94…
Alcuni dei suoi edifici sono i più importanti al mondo: Frank Gehry, colui che ha praticato l'architettura, o forse più…
La Società delle Api nomina Luca Lo Pinto come direttore artistico: la Fondazione creata da Silvia Fiorucci sposta a Roma…
Fino al 22 marzo 2026, la Fondazione Luigi Rovati celebra i Giochi Olimpici con una mostra che unisce storia, arte…
È morto Giovanni Campus: se ne va un protagonista rigoroso e appartato dell’arte italiana del secondo Novecento, tra gli innovatori…
La pollera, da indumento retaggio di subordinazione femminile nell'America Latina a simbolo di emancipazione internazionale: la storia del collettivo ImillaSkate,…
Visualizza commenti
Caro Francesco
Con questi lavori vai avanti solo perchè sei il figlio di tuo padre.
Se tu fossi mio fratello le tue foto non se le cacherebbe nessuno.
jodice è bravo, nonostante il babbo, ce ne fossero
Viste dal web, che non vuol dire molto, effettivamente non sembrano un gran ché; non si reggono da sole mi pare, hanno bisogno della premessa che spieghi di cosa si tratta. Non mi piace l'arte che ha bisogno di premesse. Però in generale le foto di Francesco mi piacciono... se non ricordo male le avevo anche segnalate, sull'articolo post artissima 2001.
Janaz, spiega perchè Francesco è bravo.
Sono anni che vedo le sue foto in giro per mostre e su qualche catalogo, le sue foto mi sono sempre, inevitabilmente indifferenti.
Il suo immaginario è debole, l'innovazione nel suo lavoro è zero, cosa dovrebbe piacermi di questo fotografo?