I legami invisibili, quelli fragili tra le persone, sono
l’oggetto d’indagine di Dominique Petitgand (Laxou, 1965; vive a Parigi).
Alla sua seconda personale da e/static-blank, l’artista francese si presenta
quasi come il Piccolo Principe di Saint-Exupéry nell’incontro quotidiano con persone e
soggetti diversi. Poiché, anche per lui, “le civiltà non hanno solo a vedere
con le cose materiali, ma con i legami invisibili che uniscono una cosa
all’altra”. Sono
invisibili, ma non per questo non intelligibili. Specie se, nel loro
manifestarsi, i legami non si dispiegano in immagini, ma attraverso parole,
sussurri o silenzi.
Petitgand interviene sulla galleria riempiendo le stanze
con il solo suono. Caratterizzandole e trasformandole. Perché il suono, se
diffuso nell’ambiente, diventa prima di tutto spazio.
L’installazione Aloof apre la mostra secondo un percorso circolare, dove
il loop delle tracce registrate fonde insieme l’inizio e la fine. Dalla fessura
di una porta su una stanza – rigorosamente buia – emergono grida, sussurri e
lamenti. Sono le registrazioni della voce di una bambina, già utilizzate dal
2005, che qui si rinnovano, stabilendo una sottile relazione con l’altra voce
in campo.
Le due tracce dunque si sommano. E mentre la prima è la
diretta voce femminile, la seconda è l’articolato discorso indiretto di una voce
maschile. Si tratta del commento in terza persona – in lingua inglese – del
testo proiettato in La main coupée, installazione principale del percorso.
Sul monitor, punto di vista centrale e unico elemento
visivo della mostra, scorrono alternate frasi, parole che, anche se in lingua
italiana, non vogliono essere didascalie del discorso sui legami invisibili,
quanto invece statement, bianco su nero, che cercano di definire l’esistenza
del quotidiano. Il legame invisibile è quindi parte dell’essere umano, e lo è
fisicamente al pari di una mano tagliata, con le ferite e l’assenza che questo
gesto potrebbe comportare.
Il risultato del lavoro di Petitgand è un film acustico,
un gioco di scatole cinesi, di soggetti tagliati e incollati secondo la tecnica
del montaggio. È un cinema senza immagini, dove anche il silenzio diventa
protagonista, perché il silenzio non è solo una pausa, è attivo e ha in sé il
valore dell’attesa e della partecipazione carica di tensione. Così avviene
anche nella terza sala, dove sei casse sembrano emettere sequenze di rumori
urbani. Si tratta di sonorità elettriche e sintetizzate, tracce rovesciate e
capovolte che, connettendosi alle altre due stanze attigue, intendono
drammatizzare la parola sul senso del discorso.
Per Petitgand l’arte è esperienza di senso, e le tracce
che egli registra e archivia in librerie sonore non valgono per quello che
sono, ma per quello che significano. Ogni individuo è così legato a un altro
attraverso i suoni che emette o di cui è circondato, perché i suoni sono
racconti, sono echi e storie che s’incrociano e si mescolano. Sofisticati,
autentici e soprattutto percettibili.
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Petitgand in This is the time presso blank
L’artista francese in mostra al Centre Culturel
Français di Milano
claudio
cravero
mostra visitata il 2 aprile 2010
dal 26 marzo al 22 maggio 2010
Dominique
Petitgand – Legami invisibili (Invisible bonds)
a cura di Carlo Fossati
e/static – Spazio Blank
Via Reggio, 27 (zona Regio Parco) – 10153 Torino
Orario: da giovedì a sabato ore 16-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 011235140; info@estatic.it;
www.estatic.it
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