Una mostra senza ordine cronologico: stanze di ritratti e autoritratti, di nudi e di scorci. Scorci interni ed esterni, di tram e di tetti, di anime e di incubi, esasperati ed esposti, crudi in grotteschi fumetti naive, oppure soltanto evocati, nella polvere e tra le ombre di un balcone, estremizzati nel nascondersi. Stanze bianche, spoglie e familiari, nude e un po’ stregonesche. I tre piani sui quali è dislocata la mostra sono un po’ come la pittura di Italo Cremona (Cozzo, 1905-Torino, 1979): innocente, piena di vuoti riempiti da altrove, sospesa.
Poche scene di un film perduto aprono la sala. C’è il contributo cinematografico di Cremona, quattro minuti di merce rara. Il Cremona scenografo. E c’è il Cremona severo, fermo e critico nonostante, o a causa, di quest’arte e di alcuni demoni: il Cremona degli autoritratti, del 1927, del 1950 ma soprattutto del 1947, dai segni disillusi e forti del volto, che raccontano una mente visionaria e impaziente, incuriosita da sé stessa. Quello irriverente negli accostamenti sornioni e ad effetto di bare e vasche da bagno in Progetto di negozi (1947), dove tra i colori ordinati di vernice pulita delle due vetrine a tutto schermo si cercano le mani della nuda commessa del negozio di bagni e quelle cadaveriche del vestitissimo venditore di bare, in cravatta e completo grigio. Ma chi sarà il più nudo tra i due? La morte o il bagno?
Il Cremona geniale che nel 1954 omaggia Alberto Savinio con Ascolto il tuo cuore città. E lo fa con azzardi disincantati e atmosfere esoteriche, trasformando Piazza Carlo Emanuele in un notturno ad ombre rosse dove un acrobata color inferno piroetta al di sopra di un telo, premurosamente tenuto da personaggi del Ku Klux Klan, tra una chiesa settecentesca e un gigantesco ortaggio, una scopa da strega e un sacco macchiato, mentre angeli-elicottero annunciano la Sindone.
Ma si va oltre il surrealismo magico. Perché gli
La pittura demoniaca e razionale di Cremona gioca con la psiche anche nei ritratti femminili: bellezze intelligenti, tratti aquilini e bocche dal profilo sensuale, occhi da streghe, inquieti e conturbati (Ritratto su fondo azzurro, 1946) e volti che interrogano senza guardare, schiudendo le labbra e lasciando sfuggire lo sguardo dietro a pensieri stanchi e nervosi (Ritratto di Elvira Casorati, 1938-39). I nudi dagli incarnati infantili sono estremamente eleganti, sinuosi, aggraziati (Interno con finestra su via Sacchi, 1968), abbandonati (Nudo rovesciato su fondo azzurro, 1968), tondi, opulenti (Nudo appoggiato, 1930), vulnerabili (Nudo inginocchiato, 1969) o addirittura cadaverici (Ofelia, 1950). Ma sempre sensuali e disarmati. Esposti e tuttavia pudichi. Come l’artista. Non era stato lui, dopotutto, a dire “Volete fare una mostra? Fatela. Però sappiate che io ritengo immorale e indecente ogni esposizione pubblica di momenti di vita privata.” ? Ipse dixit.
barbara augenti
mostra visitata il 28 ottobre 2006
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