A Torino vive una coppia di australiani arrivati in Italia un paio di anni fa, al termine di un lungo vagabondaggio. Si chiamano Geoff e Jaqueline, ma sono noti al mondo dell’arte con il nome collettivo A Constructed World. Hanno trovato un modesto appartamento in centro si sono inseriti in fretta nel vivace e familiare ambiente artistico torinese. Dopo qualche mese hanno preso a dare, nel loro appartamento, delle piccole feste che sono anche delle belle mostre, con cui poi si trovano a convivere per qualche giorno.
Alla sua terza replica, il progetto More Fools in Town è già diventato uno degli appuntamenti più piacevoli e attesi della città. Non si tratta soltanto della qualità delle proposte: è lo stesso clima che vi si respira a farne qualcosa di assolutamente diverso da una qualsiasi vernice. Il suo stesso nome dichiara molto dell’ironia, del nomadismo e della leggerezza con cui viene portato avanti, e della sua assoluta indennità da qualsiasi traccia di snobismo intellettuale.
La terza mostra, dedicata a Saverio Lucariello e Oreet Ashery, e curata dai due assieme a Charlotte Laubard, è stata dedicata proprio al nomadismo che tutti gli attori in gioco condividono, e ha funzionato da efficace lenitivo al sovraccarico di Artefiera e alla falsa intimità delle stanze del Sofitel di Bologna.
All’ingresso nell’appartamento al primo piano di via Guastalla 19, si veniva accolti dal divertente sdoppiamento semantico di Little Vocal Revolution, il video di Saverio Lucariello installato in camera da letto. Per sei esilaranti minuti, l’artista napoletano (ma residente tra Parigi e Marsiglia) riflette sull’insignificanza comunicativa del flusso di informazioni che ci assale di continuo mimando, con grande verve e senza sostanziali variazioni, una composita colonna sonora generata dal cut-up di canzoni metal con le litanie di un rabbino.
Passa qualche minuto ed ecco apparire in sala da pranzo una piccola, bizzarra ospite, che apre la sua valigia e si mette a disporne i contenuti sul tavolo rotondo, offrendo ogni tanto una caramella ai presenti. Colpisce, nel live di Oreet Ashery (artista israeliana, ma residente a Londra), l’accozzaglia di media, culture e simboli che escono dal suo trolley da Mary Poppins globalizzata, capace di accostare l’ebreo cattivo e Pinocchio, icone di Cristo, calciatori e kamikaze. Il suo Bentornato si rivolge alla propria identità nomade di viaggiatrice fra le culture, fra gli ideali e fra i sessi, come dimostra il video in cui indossa i panni del suo alter-ego Marcus Fisher, un ebreo ortodosso e omosessuale: una identità che le permette di intrufolarsi nei luoghi per soli maschi ebrei, sfidando in un colpo solo tutti i tabù di una cultura che si è mantenuta intatta nella deriva.
E proprio la critica, tra provocazione e ironia, a un sistema di convenzioni che lo sradicamento ha vanificato sembra essere il filo conduttore di tutta la mostra: come dimostra il secondo video di Lucariello, in cui un paio di chiappe inquadrate da un raso rosa shocking si muovono al ritmo di un bellissimo monologo su quanto c’è di importante nella nostra cultura.
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Una mostra eccellente. Quando c'è l'intelligenza si fanno cose straordinarie! Ma che bella la scena torinese!