Con
Passaggi,
Robert Cahen (Valence, 1945; vive a Mulhouse e
Parigi) conduce in un viaggio a metà fra l’onirico e il reale, attraverso
tredici videoinstallazioni realizzate fra il 1979 e il 2008.
L’esposizione è un percorso
obbligato dove niente è lasciato al caso. È
Horizontales couleurs (1979) ad aprirla. Realizzata con
lo “spectron”, un video-sintetizzatore che produce soprattutto righe. A queste
si alternano con fluidità colori e sfumature che tagliano in orizzontale lo
schermo: lo spettatore stupito si pone subito delle domande, come all’inizio di
un viaggio del quale
Attention ça tourne! (2008) è la prima tappa. Si tratta di una
videoproiezione circolare in loop su schermo bianco rotante di una strada cinese
invasa dal traffico incessante delle biciclette: è il movimento il protagonista
di un’opera tanto essenziale nella sua idea quanto complessa nel messaggio.
A esso si contrappone la lentezza
di
Paysages d’hiver (2005), una doppia proiezione dei panorami che Cahen ha ripreso
durante il suo viaggio nell’Artico. Un luogo così estremo da sembrare
extraterrestre: lo spettatore viene trasportato in un sogno terreno e
ultraterreno al tempo stesso.
Ma, forse, più d’ogni altra opera
è
Traverses (2002),
una proiezione video in loop su cornice di legno bianco di 4 metri per 3, a
rendere l’idea del mistero del nostro passaggio. Lo spettatore si trova di
fronte a uno schermo sul quale appaiono, come venute dal nulla, persone avvolte
da un impalpabile velo di nebbia, che si avvicinano per poi andarsene in
silenzio.
Nel trattare il mistero di questa
vita, Cahen affronta in
Suaire (1997) anche il tema della spiritualità. Il riferimento è
alla Sacra Sindone: si tratta di una proiezione video su stoffa appesa di
giovani volti che compaiono per poi scomparire nel giro di pochi istanti. Il
calvario di Cristo è reso con forza dal silenzio spezzato dalla ghiaia bianca
posta sotto l’opera, che il visitatore è invitato a calpestare.
Il nostro passaggio è reso anche
dagli oggetti d’uso comune che, in
Tombe (1997), cadono lentamente in un uno spazio
acquatico di un intenso colore azzurro. L’opera si contrappone a
Tombe, avec
le mots (2000).
Dall’astratto si passa al parlato: a cadere sono le parole della nostra
esistenza. Ma il passaggio di una vita può essere reso anche attraverso quello
delle emozioni che si colgono nell’osservare un volto di donna, come in
Françoise
en mémorie (2008).
Sono quattro le opere in sonoro
esposte a Lucca. Tra queste,
Paysages/passage (1997) è un vero e proprio invito
al viaggio, realizzato con diciotto monitor sui quali si alternano paesaggi e
suoni. Come se lo spettatore stesse osservando il mondo dal finestrino d’un
treno.