Una mostra di qualità altissima e di rara concentrazione è ospitata nelle sale al pianterreno del Bargello, che si candida a collaborazioni internazionali di grande spessore. La mostra è costruita principalmente intorno ai due ritratti di Bindo Altoviti, eseguiti da Raffaello e da Cellini a distanza di molti anni, che permettono alcuni confronti eccezionali. Innanzitutto perché i due ritratti sono ormai da tempo migrati in collezioni statunitensi, e questa edizione fiorentina della mostra (che ha avuto una prima edizione all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston) ha consentito di riunire insieme anche altre committenze e opere dell’ambito di Altoviti.
Il ritratto di Bindo eseguito da Raffaello e ammirato da Vasari e Michelangelo mostra un giovane di bellezza straordinaria, con lunghi capelli biondi che si gira verso l’osservatore ed è ben sottolineata la sua somiglianza con gli angeli o con figure di giovani santi dipinte da Raffaello. Si trattava per Bindo ventenne della prima importante commissione ad un artista. A Raffaello si deve anche la Madonna dell’Impannata -così chiamata dalla finestra che si scorge sullo sfondo– dipinta per la residenza
Le domande si affollano osservando questo volto nel trascorrere degli anni: era un opportunista o un antimediceo convinto? Nella seconda sala Bindo e Cosimo si affrontano in un faccia a faccia di straordinaria intensità: Benvenuto Cellini lavorò ai busti quasi in contemporanea e c’è ragione di credere che Cosimo vedesse nella bottega il busto dell’avversario. Ma anche così i due uomini non potrebbero sembrarci più diversi: il Busto di Cosimo I, che fa parte delle collezioni del Bargello, mostra un guerriero all’antica e una complessa decorazione sul torace, lo sguardo alzato e terribile. Bindo ha invece dalla sua la semplicità e la severità: una casacca liscia, un volto che emana una saggezza maggiore degli anni e una cuffia lavorata, unico vezzo per dispiegare le abilità di Cellini.
silvia bonacini
mostra visitata il 1 marzo 2004
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