La fotografia di Herbert List è come un diapason del XX secolo: vibra in armonia con le più limpide affermazioni dei principi figurativi del ‘900. La sua produzione è talmente articolata e originale che, a dispetto di certi speciosi tentativi di classificazione, non è possibile ricondurla ad una corrente o ad un programma artistico determinato.
List è stato prima di tutto un raffinatissimo esteta, sia pure borghese, sia pure un po’ impiegatizio; intriso di ammiccamenti decadenti ma fervidamente avvinto alla realtà, anche quella brutale della guerra o quella da manuale del Neorealismo italiano.
Dall’estetica “metafisica”, dicitura sotto la quale viene radunata una parte delle sue opere giovanili, alle ultime immagini, quelle legate all’amicizia e alla collaborazione con Vittorio De Sica, List tiene presente una solida volontà: quella di parlare di sé. Mentre il secolo scivola tra conflitti mondiali e rivoluzioni ideologiche, le fotografie dell’artista di Amburgo testimoniano i suoi viaggi, i suoi amici, gli amori e i paesaggi visti dalle finestre in cui soggiornava. Con un egotismo che trova confronti adeguati solo nel genio catalano di Dalì o nell’esperienza letteraria di Christopher Isherwood, Herbert List trascrive i dati della sua storia personale nelle immagini che oggi tutti conosciamo.
Anche i lavori più artificiosi e meditati, che documentano il ricorso alla doppia esposizione e al fotomontaggio, hanno più l’aria di una meditazione del tutto personale che non di una ricerca o di un “lavoro”. Non è casuale, quindi, che la vena lirica di List, e la sua straordinaria capacità, appaiano un po’ annebbiate nella produzione, per così dire, neorealista. Non era un fotografo da reportage List e, nonostante la collaborazione con Magnum e con molte importanti riviste tra gli anni ’50 e ’60, la grande arte, quella che lo rende immortale, è legata inevitabilmente alle opere meno conosciute – e meno remunerate – dai suoi contemporanei.
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pietro gaglianò
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