Un’apertura mai esperita prima verso i prodotti culturali cinesi, dal cinema alla moda, dalla letteratura alle arti visive si avverte oggi in maniera sempre più marcata. Il fenomeno è in parte causato da meccanismi commerciali, in parte dall’apertura piuttosto recente della Cina, che ha determinato uno scambio impensabile fino a pochi anni fa. La creatività cinese è osservata con un occhio di riguardo. E non sempre con l’opportuna consapevolezza. Così una buona parte delle esposizioni presentate da noi appare priva di una linea critica degna di questo nome e diventa solo occasione alla moda.
Non è così per MaiMao, che costituisce un caso rincuorante: la mostra intende presentare il lavoro di venti giovani artisti cinesi, selezionati in base ad una metodologia critica e curatoriale di rara correttezza. I due curatori, Lina Lopez e Giacomo Rambaldi, hanno individuato un tema caro alla cultura cinese contemporanea: il ritratto di Mao Zedong. Oggetto indiscusso delle immagini di propaganda durante la Rivoluzione Culturale (1966-1976), nel periodo immediatamente successivo il volto di Mao è stato motivo di continue rivisitazioni, a volte ironiche, demistificanti ed aggressive, altre volte poetiche e nostalgiche. Tra i soggetti dell’arte contemporanea cinese, questo risulta certo il più comprensibile per il pubblico occidentale, che lo identifica con la versione estremo-orientale del comunismo e lo ricorda nelle serigrafie di Andy Warhol nel 1973.
Per selezionare gli artisti da invitare, i curatori hanno compiuto tre viaggi a Pechino e Shanghai, intervistando sul campo moltissimi autori. A ciascuno è stata consegnata una fotografia in bianco e nero di una delle popolari statuette bianche di Mao, un tempo diffuse in tutte le case, offerta agli artisti come una tela intonsa, su cui lavorare per ottenere immagini nuove.
Alcuni, come Ji Dong, trattano l’icona del condottiero alla pari dei simboli del consumismo occidentale ed accentuano, come Zhang Qikai, la sua trasformazione in gadget, buono soprattutto per i turisti. Altri, soprattutto quelli nati dopo il 1976, lavorano sull’idea della memoria evanescente di Mao oggi (Pan Du). Altri ancora la rappresentano come punto di riferimento positivo, come appare nella storia a fumetti di Yang Shen. Non mancano infine atteggiamenti fortemente dissacratori, come in Miss Mao dei Gao Brothers.
I linguaggi impiegati sono dei più vari e toccano non solo le tecniche orientali tradizionali (calligrafia), ma anche i nuovi media (fotografia, performance, arte digitale) e persino la pittura. Ne risulta un quadro estremamente sfaccettato, che diventa indicativo della sensibilità eterogenea dei giovani cinesi nei confronti delle radici storiche del proprio paese, del rapporto con la tradizione e con gli stimoli provenienti dall’ovest. Offrendo al pubblico occidentale un’importante opportunità per entrare in contatto con un universo estetico e culturale tanto ignoto quanto attraente.
silvia bottinelli
mostra visitata il 7 settembre 2006
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