Due anni dopo l’evento “Da Bernardo Daddi a Giorgio Vasari”, la Galleria d’Arte Moretti propone una nuova prestigiosa esposizione: un percorso che, attraversando cinque secoli di storia dell’arte, si incentra sulla straordinaria produzione pittorica in Toscana.
Fabrizio Moretti, appassionato antiquario, specializzato nell’ambito dei dipinti su tavola tra ‘300 e ‘500, ha ampliato, negli ultimi anni, il proprio interesse professionale verso l’arte toscana del XVII e XVIII secolo. Da qui sorge il desiderio di proporre il percorso attualmente in mostra negli spazi di Piazza Ottaviani.
Si tratta di quaranta opere (che talvolta recano la firma di grandissimi maestri quali lo Scheggia, Jacopo del Sellaio, Lorenzo Lippi…) caratterizzate sempre dall’ottimo stato di conservazione e dalla peculiarità di collocarsi come riferimento di periodi fondamentali della storia dell’arte.
Il ‘300 è splendidamente rappresentato da una serie di pale d’altare: da Niccolò da Segna ad Agnolo Gaddi, da Bartolomeo Cristiani a Bicci di Lorenzo. Tra queste risulta particolarmente emozionante la tavola di Jacopo del Casentino, Madonna col Bambino e due angeli.L’opera, nonostante abbia subito diversi restauri, mantiene intatto il fascino originale, anche grazie alla discrezione degli interventi che indicano con chiarezza quali siano le parti autentiche e quelle di ripristino. La composizione si ispira ad un’iconografia di chiaro stampo trecentesco; la Vergine in trono tiene tra le braccia il Bambino, questi reca i simboli che, secondo l’iconografia tradizionale, richiamano la Passione: il corallo e il cardellino.
Il passaggio dalle tensioni medioevali alla ricerca figurativa del ‘400 è espresso da un’opera di Giovanni di Ser Giovanni, lo Scheggia, presente con una piccola pala raffigurante la Madonna col Bambino in trono fra i santi Francesco e Girolamo.
Sebbene si tratti di un lavoro legato ai primi anni di attività del pittore, sono evidenti le qualità che compongono la personalità artistica dello Scheggia. La forte lezione del fratello Masaccio (ben visibile nell’imponente fisicità delle figure e nell’allusione ad un impianto tridimensionale) è filtrata da una vocazione ancora goticheggiante; questa è ravvisabile nel fondo oro e nella cura di alcuni dettagli che inevitabilmente richiamano l’arte del Beato Angelico.
Tra le opere presenti per rappresentare il ‘600 bisogna ricordare le raffinate tele di Lorenzo Lippi e l’Allegoria della Vita Contemplativa di Giacinto Gimignani.
Nell’ambito della produzione settecentesca si segnala Arlecchino padre di famiglia di Giovanni Domenico Ferretti, probabilmente facente parte di un ciclo ispirato alle Disavventure di Arlecchino.
Pietro Gaglianò
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