Alla galleria Ugolini si torna alla pittura. Con una mostra che fa sorridere e pensare. Per niente depauperata dal boom di quella digitale e multimediale, l’arte figurativa riesce ancora a far parlare –e bene– di sé. Quella di Back to Folk è una pittura semplice ed evocativa. Semplice perché carica di significati espliciti, seppur sottili; evocativa in quanto rimanda velocemente a stati emozionali classici o, per dirla riferendosi al genere, popolari.
Una collettiva che sviluppa un vero e proprio dialogo tra gli artisti coinvolti. A cominciare da Marcel Dzama (Winnipeg, Canada, 1974) con le sue figure tanto ironiche quanto tetre e inquietanti: la tenerezza dell’acquerello unita alla violenza dell’inchiostro. Le scene più cruente si impreziosiscono di un’insolita innocenza, atmosfere rarefatte di scenari selvaggi e sanguinolenti in cui prendono vita personaggi grotteschi, folli, malefici. Qui forse, più che altrove, si percepisce la presenza di un retaggio culturale ibrido, tra la delicatezza di un ambiente composto e genuino, alla rudezza delle perversioni umane, delle psicosi dell’uomo moderno e dell’originale peccaminosità umana. Da Decapitation, dove degli scolari ascoltano la maestra mentre disegna un uomo a cui è stata tagliata la testa, a The men next door, vero manifesto della bestialità latente.
Anche nei lavori di Vanni Cuoghi (Genova, 1966) la semplicità delle figure si concilia con la violenza delle scene. Talvolta fantasiose e vivaci, come Tutti frutti, talvolta angosciate e surreali –L’ora di educazione artistica–, talvolta ancora ironiche e storiche. In Alì-ghieri vediamo un ritratto preciso e particolareggiato, su una cartolina storica, del sommo poeta, con in testa un turbante indiano e in mano una foglia di marijuana. Quasi ricorda la campagna pubblicitaria di una nota catena di supermercati. L’esperienza di disegnatore alla Disney, la maniacale attenzione per i particolari dell’arte classica, e poi Genova, con i suoi colori e i su
Altrettanto particolareggiate le due serie di disegni, peraltro collegate, di Enrico Vezzi (San Miniato, Pisa, 1979): I cercatori di Conoscenza e Disegno Magico. Ad essere indagato è il rapporto attuale tra l’uomo e la conoscenza, un rapporto, secondo Vezzi, completamente e negativamente mediato da internet, una rete di accesso alla conoscenza delle cose accattivante ma qualitativamente inferiore a quella possibile per esperienza diretta. I cercatori di conoscenza sono persone comuni, che trovano il tempo per conoscere le cose cercandole e osservandole. Che si concedono scampagnate per il solo gusto di avvicinarsi alla natura per capirla. E se nei primi la tecnica si presenta raffinata, nei secondi si arriva quasi all’eccesso, e i disegni ricordano soprattutto i vecchi erbari domestici dell’Ottocento. Che alternano alle figure dei versi poetici, piccoli inni alla gloriosa perfezione della natura.
Si pensa alla natura anche davanti alla serie Vespa Morta di Matteo Fato (Pescara, 1979), che ritorna da Ugolini con una tecnica e uno stile decisamente più maturi. I tratti decisi, anche se lievemente accennati, ricordano bozzetti preparatori più che opere compiute, l’effetto è mosso e vivace, anche se i soggetti rimangono puliti e leggiadri. Ma non si affida solo alla pittura Fato, almeno non a quella comunemente intesa. Nel video di qualche anno fa ri-Tornatore si vede una sequenza di pochi minuti del film La leggenda del pianista sull’oceano, di Giuseppe Tornatore, intervallata da tavole realizzate con una penna grafica. Le scene sostituite sono così ridisegnate da sembrare, da sole, la storyboard originale del film stesso.
Si pensa al fumetto anche davanti alle perfette vignette di Raymond Pettibon (1957, Tucson, Ariziona), rigorosamente in bianco e nero. Strisce che sembrano prelevate direttamente dalla trama di una storia. Immediate nell’esplicitare il soggetto rappresentato tramite un disegno preciso e la citazione di testi, racchiudono insieme sia la lirica dello stato onirico che l’esuberanza di quello reale. Nell’opera di Pettibon si vedono confluire l’efficacia e le tematiche tanto care al Pop con la capacità narrativa caratteristica della tradizione Folk.
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valentina bartarelli
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