Il programma 2007 del Mart di Rovereto ha voluto soffermare la sua attenzione sul design italiano, che entra da protagonista nelle sue sale espositive. Con questo progetto non ha però solo sottolineato –come fanno molte mostre– un dato di fatto mondialmente riconosciuto, e cioè che la stagione italiana è stata ricca e forse ancora insuperata a livello internazionale, ma ha voluto stabilire i nessi formali che si sono intrecciati fra arte e design.
La creatività italiana è stata messa sotto una lente d’ingrandimento attraverso un percorso espositivo dove l’opera d’arte e l’oggetto d’uso vengono relazionati in quanto sviluppati contemporaneamente in un preciso momento storico. Questo modo di procedere temporale è specifico del progetto espositivo, che giunge in Italia dopo essere stato al Musée des beaux-arts di Montreal e al Royal Ontario Museum di Toronto, enti produttori della mostra insieme al Mart.
In questa successione parallela, quasi quattrocento pezzi esposti testimoniano lo straordinario connubio fra arte e design che ha dato riconoscibilità –e anche, va ricordato, benessere economico– al Belpaese. All’interno di questo stretto legame, l’arte, delle avanguardie, del Futurismo e della Metafisica, è stata il grande motore e il grande serbatoio che ha creato una vera e propria identità, estetica e percettiva. L’idea di un’arte totale e di un annullamento delle distinzioni fra arti maggiori e minori: ci sono indubbiamente queste istanze all’origine della fortuna del design. Idee che hanno fatto scaturire una fitta collaborazione fra le arti e dato vita quel clima positivo che è stato poi ripreso nel dopoguerra.
La mostra, divisa in due spazi, mette in evidenza questi aspetti, che contribuiscono alla ricostruzione di una visione storico/critica del disegno industriale. Se nel primo decennio del secolo scorso la ricostruzione futurista dell’universo di Giacomo Balla e Fortunato Depero mette in movimento l’oggetto
Dal primo spazio, in cui regnano ancora le arti applicate, si passa al secondo momento dell’esposizione, entrando nel vivo della contemporaneità. La società di massa che si stava profilando nel secondo dopoguerra aveva esigenze completamente diverse: qui si parla specificamente di design e di una produzione che mette il consumatore al centro della società. Ricordare le tappe salienti della relazione tra design e arte in questo periodo che comprende gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta è un’impresa impossibile: tanti i modelli realizzati, il numero è aumentato esponenzialmente. Tra le proposte degli anni Quaranta non potevano mancare le macchine da scrivere di Marcello Zizzoli con Giuseppe Beccio messe in produzione dalla Olivetti, e le poltrone di Franco Albini. O, in seguito, negli anni Cinquanta, la figura di Achille Castiglioni con il suo aspirapolvere Spalter del ‘56, fino ad arrivare a Marco Zanuso e ad Ettore Sottsass negli anni Ottanta (a Sottsass il Mart ha dedicato un’intera monografica). Anche qui opere d’arte a fianco degli oggetti: Ettore Colla, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, ma anche Alighiero Boetti Luigi Ontani, Sandro Chia ed Enzo Cucchi. Fino ad arrivare a The Point Sisters di Vanessa Beecroft, del 2001.
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