Categorie: trento bolzano

fino al 3.VII.2009 | Tamara Ferioli | Bolzano, Goethe2

di - 26 Giugno 2009
Il mondo messo in scena da Tamara Ferioli (Legnano, Milano, 1982; vive a Milano) nello spazio della Galleria Goethe2 è un luogo “che non ha segno sulle mappe della terra”, come scrive il curatore Luigi Cerutti. L’artista squarcia il velo di Maja per penetrare verità intime che conducono a un dolore schopenhaueriano, persistente e continuo. Il suo è uno scavo intimo, fino alle radici della sofferenza.
Le spine ne sono la manifestazione più concreta. Sono spine da cui non sgorga il sangue delle ferite di Gina Pane, momento di sutura e contatto fra interno ed esterno. Ma spingono a un viaggio nei meandri della profondità degli abissi, rivelando una condizione umana costante, che lega la nascita e la morte, uniti nell’immagine dell’ouroboros, rappresentato più volte. Prelevate da un immaginario cristologico, si diramano da forbici poste sul fondo di voragini, cavi uterini che si aprono nella terra madre, dove giacciono segreti celati dalla comune parvenza.
L’arte di Tamara Ferioli si fonde stavolta ancor più con lo spazio. Dalle carte il segno sottile della matita continua il proprio percorso sulle pareti della galleria, avvolgendo lo spettatore. In Island without breath, un paesaggio minimale si dispiega in un continuum tra cinque diversi disegni, che diventano parte d’un unico wall drawing. A metà della sala, poi, lo sguardo è catturato da un albero che rivela la presenza di un giardino segreto, imbiancato. Il prato è un tappeto di ovatta bianca, popolato da curiose figure zoomorfe: rane, insetti, lumache. Minuscoli arbusti sono intrappolati nell’ovatta insieme a una forchetta/gabbia da cui fuoriescono spine.

L’installazione Scissor for the secret garden è il risultato dell’unione di più frammenti, identificati ciascuno da diverse didascalie, che nominano le varie forbici assieme a parole come bugie, false illusioni, amore vs odio, gelosia, coincidenza. Sono rappresentazioni di un doppio, della duplice, enigmatica parvenza del reale, che inevitabilmente trae in inganno.
Ad addolcire quest’atmosfera è la presenza di elementi dell’infanzia, come gli origami che riprendono la forma tridimensionale delle stelle, scivolando dai rami scheletriti dell’albero autunnale e diffondendosi come foglie cadute sul pavimento. Il simbolo del serpente che si morde la coda simboleggia il ritorno al principio, all’infanzia, attraverso la memoria in cui s’imprimono rappresentazioni ed eventi. Ricompaiono figure provenienti da un inconscio privato e collettivo: pesciolini imprigionati in buste d’acqua che pendono dagli alberi, fragole che crescono su rami di rose, castelli di sabbia su paesaggi minimali ed effimeri. Un mondo immaginario tracciato dal sottile segno di una matita.

Questo è ciò che si apre scavando dentro i segreti. Volti che non si mostrano mai, celati da capelli veri, residuo organico che è diventato un tratto identificativo dei disegni di Tamara Ferioli. L’allestimento tende a ricreare la sensazione di esser penetrati in un luogo unico, atemporale, in cui il bianco prevale e annulla le forze contrarie.

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dal 22 maggio al 3 luglio 2009
Tamara Ferioli – Spine
Galleria Goethe2
Via dei Cappuccini, 26/a – 39100 Bolzano
Orario: da lunedì a venerdì ore 15.30-19.30; sabato ore 10-12.30; mattina su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0471323938; fax +39 0471303751; goethe2@goethe2.191.it; www.goethe2.191.it

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  • la Tamara ferioli è una dicreta artista.. quì non ci piove, ma non quanto crede lei e cho gli sta intorno ,(quel grandissimo Gallerista Obraz ) il signor Trabucco ecc..
    la mostra alla galleria Ghoete l'ho trovata Dèja vu, la signorina deve comprendere che
    comportarsi da "artista " (vedi i suoi silenzi non sempre segno di una persona che pensa)non vuol dire essere un "artista"
    vai a lavorare

  • Sono felice di essere chiamato in causa quando si parla della Ferioli, in ogni caso, anche in occasione di commenti sgrammaticati e privi di argomentazioni. Il grosso problema sta proprio nell’individuare il significato di questi interventi, che in realta’ dimostrano la grave e disarmante impotenza provata di fronte all’energia creativa di chi fa Arte perche’ e’ artista.
    “Vai a lavorare”... è la tipica frase da italiano neanche “medio” ma “piccolo piccolo”, cresciuto con l’idea (assente negli altri Paesi) che l’Arte non sia un lavoro da tutelare e sostenere, ma un passatempo.
    Cosa si aggiunge? Cosa si toglie con simili insignificanti e vuoti giudizi sul LAVORO altrui? Solo il NULLA, che alberga nella mente di chi li ha concepiti...

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