Uno schermo isola Leonida De Filippi da ciò che dipinge, da ciò che lo attira ma che allo stesso tempo gli appare minaccioso. Nelle sue opere non è mai possibile leggere i dettagli, avere una visione completa e nitida di ciò che è rappresentato: tutto è frammentario.
Le immagini sono rotte in righe di colore, come se la scena fosse vista attraverso una tapparella riprodotta dal segnale disturbato di una tv. Nemmeno i colori vengono resi con fedeltà: tutto è appiattito in un bianco e nero che cancella ulteriormente i particolari e ne brucia i profili, come fossero colpiti da una luce abbagliante. Eppure l’artista conosce bene i Paesaggi urbani che riproduce: sono le vie sotto casa, le strade che è abituato a percorrere in auto, il timpano del palazzo che ricorre costantemente nei suoi quadri. Proprio questa superficiale familiarità è evitata attraverso questo meccanismo di cancellazione.
Si tratta dello stesso meccanismo di riduzione utilizzato nelle ultime serie di opere in mostra, identificate con il termine generico di Astrattizzazioni, ma in realtà interamente incentrate sulla tematica della guerra. De Filippi, affiancando le immagini di militari che scendono dall’elicottero, sembra voler mettere in evidenza come tali scene siano ormai abituali nel flusso televisivo. Un elicottero bellico è familiare quanto un’auto parcheggiata, un militare come un qualsiasi individuo che attraversa la città.
La modalità espressiva scelta per realizzare le ultime opere con le scene di guerra allude al computer piuttosto che alla tv. Gli smalti sono infatti stesi in modo da simulare i pixel della visualizzazione digitale, in particolare di immagini a bassa risoluzione: se infatti nelle opere precedenti l’effetto è di un monitor televisivo disturbato, in queste è di un’immagine sgranata e altrettanto difficile da distinguere.
I profili sono segnati da linee seghettate e voluminose perché composte dalle sequenze di quadratini, mentre l’interno è bianco; solo rari pixel dipinti di rosso e giallo identificano zone di ombra o di luce che si sostituiscono a qualsiasi sfumatura. Il cielo è invece uniformemente azzurro, colorato in maniera irreale per proseguire nell’intento di ricordare un’immagine presa della Rete. Ma anche in modo da mostrare l’assurda naturalezza con cui le guerre avvengono sotto i nostri occhi, sotto il nostro stesso cielo.
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...Leo... lascia perdere!! Non ce la fai ad essere nemmeno al livello del pegiore dei tuoi allievi!
Chiuditi in accademia col tuo paparino...
Essendo mio padre un intellettuale, non ritengo lei possa definirsi suo "amico", mancandole il coraggio e la dignità della firma.