Con questa mostra la Galleria Museo si dimostra attenta ai cambiamenti, anche minimi, in corso nella società. Il curatore Guido Molinari ha invitato sette giovani artisti per disquisire sui confini tra ciò che è precostituito e ciò che è amplificato, alterato attraverso il meccanismo d’aggiunta sul reale. Riflettendo così una necessità percettiva delle generazioni attuali, abituate alla mancanza di limiti fisici innescata dalla dimensione virtuale.
Simone Barresi, David Casini, Christian Frosi, Riccardo Previdi, Luca Trevisani, Patrick Tuttofuoco e T-Yong, rappresentanti della nuova scena artistica e partecipi di uno sguardo distinto e destabilizzante sul contemporaneo, hanno usato diversi linguaggi espressivi. Fotografie, video, ready made e installazioni sono serviti per ampliare i nuclei del vissuto quotidiano, tema su cui hanno focalizzato la propria attenzione. Nelle opere l’elemento di partenza, possibilmente incongruo o dislocato, agisce da perno sul quale un nuovo linguaggio interpretativo si innesta.
Le tensioni che si creano all’interno delle opere si differenziano poi secondo excursus personali. Patrick Tuttofuoco presenta il video BMX –Y realizzato per la scorsa edizione di Manifesta, dove le biciclette sono sovrastate dalle immagini di supereroi. Utilizza un’aggiunta concreta anche l’opera creata da David Casini, che ha creato un paesaggio in miniatura con una casetta montana su un minerale di quarzo, tra l’alpino e il lunare.
Unendo artificiale e naturale Luca Trevisani costruisce una sovrastruttura al tronco di una pineta per Tanti anni in uno. Una sovrapposizione esclusivamente visiva è invece quella ideata da Riccardo Previdi, che ha digitalmente costruito un palazzo sulle antiche mura del Colosseo, citando ironicamente gli abusi edilizi. Mobile è infine l’articolato gioco di sovrapposizioni di elementi astratti e differenti operato da Christian Frosi nell’installazione New Title OO.
In un contesto di esperimenti genetici, la modifica del reale resta uno tra i problemi etici più importanti. Ma, pur senza allontanarci troppo dallo spirito iniziale della mostra, notiamo come il passaggio del fruitore a diversi stadi di coscienza di fronte alle opere risulti sorprendente benché innescato ad un’estetica minimale. La creazione dell’artista quindi lascia aperte infinite possibilità e mira a scaturire in modo intuitivo nello spettatore una reazione molteplice. L’opera diventa un fulcro da cui si diramano energie amplificatrici, le stesse citate nel concetto di ampliamenti su nuclei di realtà, azzecato sottotitolo della mostra.
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