La pittura di Serena Nono, artista veneziana di nascita (1964) ma ampiamente conosciuta ed esposta all’estero, arriva alla galleria Traghetto in punta di piedi, guidata dalle parole di Nightlight, racconto breve, crudo e poetico, dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi (Inghilterra, 1954). La storia d’amore di un uomo e una donna, consapevoli vittime delle proprie diverse, inappagate esistenze, si risolve brevemente in fugaci incontri d’amore, in una camera disadorna, unico vero momento di presa di coscienza del proprio esistere. Senza conoscersi, senza parlarsi, talvolta senza distinguersi, protetti da un buio di fondo che allontana e demistifica le proprie irrisolte paure. Nono fissa sulla tela i fotogrammi delle unioni, scanditi dalle fasi di un corteggiamento veloce che fonde le anime nei corpi, rendendoli fisici e tangibili nel tatto e nei baci.
Con cromatismi scuri privi di speranza, vicini alle produzioni del tardo Goya, e sfondi monocromi nero pece come il vuoto delle vite dei protagonisti, l’artista abbozza le figure, essenziali e sintetiche nei tratti somatici, evidenziati da pennellate veloci, istintive, graffianti. Ora pallide, ora dorate da un bagliore tremulo, ora celate da un’oscurità avvolgente, che lievemente li sospende e li sfuma come certe fusioni di corpi inquieti e molli che rimandano brevemente alla Sposa nel Vento di Oskar Kokoshka; accostati in contatti primordiali, afoni, l’uomo e la donna si scoprono vicini, gli occhi e le bocche socchiuse, in uno stato di sonnolenza che genera illusioni di vita e di istanti di quiete prima dell’ennesima fuga, dell’inevitabile separazione, dell’ennesimo ritorno.
Ciascuno dei dodici olii su tela (realizzati tra il 2001 e il 2003 e già presentati a Londra presso l’Italian Cultural Institute), è introdotto da passaggi tratti dal racconto, da onirici momenti che rivelano tanto le azioni dell’uomo e della donna che “si limitano a guardarsi” stando distesi e offrendosi “collo e gola” , quanto le certezze di chi “non ha idea di dove l’altro viva, ne’ da dove venga”, ma “se l’amore è perdita di sé nell’altro, allora sì, la ama”. Insieme, come parole e immagini, i due “non bevono nè sentono musica e riescono appena a distinguersi nel buio”. Se la pittura ambisce a tradurre la poesia deve riproporne i ritmi, le ricerche dei silenzi, la cadenza diacronica degli accadimenti. Serena Nono ne reinterpreta invece le atmosfere sospese realizzando una narrazione sincronica, raccontando una storia carnale, contaminando i due genere narrativi evitando però cosi che banalmente anneghino l’uno nell’altro. Di questa letteratura scarna e diretta ne lambisce prima i confini, per poi immergersi autonoma alla ricerca degli equilibri che ne costituiscono la struttura portante, rubando le immagini direttamente alla fonte del pensiero di Kureishi; pensieri rischiarati dai tenui colori di luce lunare, rapidamente, poco prima di ripiombare nel buio, poco prima della fine del capitolo, come se “quello che succede in questa stanza sia la sola speranza”.
gaetano salerno
mostra visitata il 15 dicembre 2005
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