Dopo aver frequentato la scuola d’arte ed avere ottenuto un incarico per la Biblioteca Nazione, Kurt Blum (Berna, 1922) scatta le prime foto in Italia nel ‘48, quando, su incarico dei periodici illustrati svizzeri, realizza dei reportage su Venezia e sulla Sicilia, e nell’anno successivo sarà ancora nel nostro paese per fotografare Milano.
Utilizzando già un linguaggio personale, asciutto e sintetico, senza mai cedere ad alcun compromesso o gratificazione con il soggetto, nel ’53 torna a fotografare Milano durante l’esposizione di Picasso a Palazzo Reale. Sono anche gli anni in cui inizia a fotografare i grandi musicisti e riceve gli incarichi ufficiali per l’Unesco. Nel frattempo il rapporto di Blum con il Belpaese si infittisce, quando inizia il sodalizio con Eugenio Carmi, art director delle acciaierie dell’Italsider.
Questi sono i temi indagati dalla mostra organizzata dal Centro di Cultura Svizzero che, nella prestigiosa sede in fronte alla Giudecca, si occupa di promuovere il proprio paese con varie iniziative che spaziano dall’arte alla fotografia, alla musica.
Le foto più vecchie ritraggono l’Italia appena uscita dalla guerra, le persone che camminano, giocano, vivono le strade. Molte delle protagoniste sono donne, con forme tornite e seducenti (e che attirano lo sguardo degli uomini), con l’abito di tutti i giorni o con i tacchi, tutte portatrici della femminilità prorompente e vitale, quasi a simboleggiare la rinascita del nostro paese dagli orrori della guerra. E poi ancora delle monache, un uomo ai bagni pubblici, la gente che aspetta il tram, e i bambini di Teramo, Palermo, che ridono e giocano tra le vie dei sobborghi. Ma già si scorge l’amore per i contrasti forti di luce, per l’intersecarsi delle vie di fuga e la serialità (come nelle Vespe parcheggiate lungo una strada di Genova) che saranno sviluppati dal fotografo negli anni Sessanta con i suoi lavori presso l’Italsider in cui ritrae dei particolari della lavorazione astraendoli dal contesto, con gusto a cavallo tra Rodchenko e Moholy Nagy. Ecco quindi il filo spinato, gli ingranaggi sporchi, le catene che si perdono lungo la fabbrica senza soluzione di continuità (di cui sono presenti anche dei vintage originali), tutti rigorosamente analizzati sotto il profilo grafico di luce/ombra. E sarà proprio realizzando un cortometraggio a colori L’uomo il fuoco il ferro sulle fonderie (presente in mostra) che verrà premiato, nella sezione documentari, con la Medaglia d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1962.
L’ultima sezione è dedicata alla grande mostra di Picasso di Milano. Blum fotografa la reazione della gente, interdetta e stupita dalle opere del maestro spagnolo, che sembra non cogliere la portata epocale dei lavori esposti né tanto meno la scelta coraggiosa dei curatori della mostra di esporre, in una sala di Palazzo Reale ancora devastata dalla furia dei bombardamenti, la più feroce critica all’assurdità della guerra. Quella di Guernica.
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