È bellissimo il Teatro La Fenice. Siete stati a qualche spettacolo o concerto prima del rogo? Se ci tornaste ora, non vi accorgereste della differenza. Il principio all’italiana, retrivo e conservatore, del “com’era e dov’era” qui ha funzionato in maniera eccellente. Il teatro è un falso perfetto, più vero del vero, musicalmente raffinato, con gli stucchi doratissimi e i pavimenti tirati a lucido. Alla faccia di tutti gli scettici malauguranti, qui l’uccello miracoloso che muore bruciando è davvero risorto dalle proprie ceneri. E non poteva esserci occasione più ghiotta per fare uno studio proprio su di lei: la magica fenice che risorge “semper aedem”, sempre uguale a se stessa, incurante del tempo che passa e degli uomini che cambiano.
Esposti all’interno del teatro stesso si trovano oggi gli oggetti che parlano di questo mitico animale, citato per la prima volta ne Le opere e i giorni di Esiodo, ma che suscitò anche la curiosità di Erodoto che ne racconta la leggenda nelle sue Storie.
E’ di epoca romana (IV secolo d.C.) il mosaico con l’uccello nimbato ardente,
Il prodigioso uccello (protagonista anche del trattato De ave phoenicae di Lattanzio, nell’edizione seicentesca posseduta dal Tasso), con il suo continuo ciclo di rinascite, non poteva non diventare allegoria cristiana e solleticare nel Medioevo le fantasie dei redattori dei bestiari. Esso diventa per gli alchimisti il simbolo dell’interazione magica tra gli elementi, come si può osservare nelle illustrazioni del Rosarium philosophorum, in cui la fenice è “prodotto delle nozze chimiche fra il re e la regina”.
Il mito del volatile immortale accomuna occidente ed oriente, seppure con numerose varianti dovute alla geografia e alle tradizioni religiose. Eccolo quindi diventare rappresentazione del volo sciamanico, come nella cultura hindu e buddista che avevano ereditato dalle tradizioni centroasiatiche, o confondersi con il drago e altri animali mitici nell’ambiente cinese, come si può vedere nella Giacca festiva di bambina di stirpe Han con drago e fenici, del XIX secolo o nell’Arazzo di tipo Kesi con fenici, pavoni e leoni, in seta, realizzato sotto la dinastia Qing. Ma sono forse gli oggetti di uso rituale a risentire maggiormente dell’universo mitico della fenice, come nella Teiera con supporto ligneo raffigurante un immortale che cavalca l’animale, proveniente da Kyōto, o il Chog Tse, un tavolo rituale tibetano pieghevole in lacca rossa con decorazioni in foglia d’oro che illustrano la fenice e quattro pipistrelli.
daniele capra
mostra visitata il 3 marzo 2005
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