Arcadia è il titolo della mostra che Corrado Sassi (Roma, 1965) ha allestito presso la galleria veneziana Traghetto. Il titolo richiama un mondo ormai scomparso, riesumato attraverso una tecnica che si serve del linguaggio pittorico e fotografico per sviluppare un vero e proprio riciclo delle immagini. Perché se è vero che i soggetti delle tele si rifanno ad una pittura prevalentemente settentesca, la tecnica non è quella della pittura ad olio, ma della stampa plotter su pvc, sulla quale si inseriscono a ricamo figure geometriche seriali di lana di vari colori (dettati dalle sfumature cromatiche del dipinto). La serialità dell’elemento geometrico diventa in qualche modo simmetrica alla serialità delle immagini riprodotte e che ha come prodotto finale l’arazzo. Una tecnica, quella del ricamo, relativamente nuova per Sassi, che ha una formazione fotografica e ha spesso lavorato nel campo della comunicazione. Esperienze che, come egli stesso afferma “gli hanno restituito una dimensione sociale”, capace di intessere discorsi e allo stesso tempo idee per nuovi progetti. Infatti il lavoro di ricamo su tela nasce insieme ad un gruppo di architetti, vicine di casa con le quali l’artista metodicamente si riuniva per dar corpo alla produzione degli arazzi. Quasi mimando lo stesso mondo placido delle scene tipiche della pittura moderna.
Un quadro che riassume bene questo spirito arcadico è A l’ombre des jeune filles en fleurs, dove si vedono tre donne che ricamano, complesso meccanismo citazionistico che ancora una volta vuole ribadire la serialità e la ripetizione, sottofondo concettuale di questo lavoro. Il risultato è che i topoi della pittura del Settecento (paesaggi campestri con rovine del mondo classico o scene d’interno) giocano con la trasparenza del pvc e l’effetto optical dei ricami, conferendo all’antica pratica dell’arazzo un’interpretazione contemporanea.
Astratto e figurativo si sovrappongono in un gioco che inverte le parti, che restituisce la manualità del ricamo all’effetto ottico provocato delle figure geometriche, e la complessità del processo di lavorazione del pvc al figurativo delle immagini. Oltre agli arazzi la mostra comprende una serie di fotografie di immagini di mammiferi, insetti, pesci e rettili recuperate da un’enciclopedia degli anni Settanta. Un’operazione provocatoria, che per certi versi sa di “opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, ma soprattutto un’operazione che ad un primo impatto sembra contrastare con gli arazzi arcadici. Ma guardata da una prospettiva tassonomica restituisce coerenza allo spirito della mostra. Non è stato il Settecento il secolo che ha creato l’enciclopedia?
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