Categorie: venezia

Fino al 22.XI.2015 | Heimo Zobernig | Padiglione Austria, Venezia

di - 18 Giugno 2015
Eccoci alla 56° Biennale di Venezia, nell’ultimo padiglione – contrapposto al greco –  immerso nello spazio dei Giardini oltre il piccole ponte di ferro. Siamo nel padiglione austriaco, l’artista chiamato è Heimo Zobernig, il curatore è Yilmaz Dziewior. Proprio in quest’ultimo padiglione succede qualcosa d’inaspettato, che ci disorienta e ci interroga, non per stupore, per formule magiche o per azioni straordinarie. Entrando nel padiglione e ci sembra di essere infatti in uno spazio altro da tutto il resto della Biennale: calma e silenzio, luce soffusa ma chiara ed efficace nell’interpretare lo spazio, sedute ben visibili che si offrono immediatamente al nostro sguardo, giro d’aria che subito ci abbraccia, richiamo di luce verso il fondo dove, su un letto di ghiaia chiara e scricchiolante, giovani piante sembrano attendere il nostro occhio stanco. Poi oltre il muro del cortile vediamo solo il cielo e la luce di Venezia, contrapposti al nero opaco del soffitto e del pavimento del padiglione.
All’apparenza nel padiglione non ci sono opere, suoni o luci ma solo la scansione degli spazi, accentuata dalle sedute, che ci attende. Il luogo sembra dimenticato, pulito e ordinato, ma vuoto anche rispetto alle nostre più allenate aspettative.  E finalmente si comprende di essere nel luogo ideale per fermarsi e riflettere su tutto ciò che si è veduto, ottimo per raccogliere le idee e riposarsi dall’affastellamento d’immagini e sensazioni. Così poco alla volta si osserva e si viene osservati dallo spazio stesso: il pavimento è una presenza nuova, il soffitto chiude il padiglione come il coperchio chiude una scatola, le panche sembrano posizionate per godere appieno dell’andamento regolare degli spazi e infine si ritagliano precisi particolari che rimandano alla storia del padiglione, costruito nel 1934, e a quella del suo architetto, Joseph Hoffmann.

Si svela quindi l’opera di Heimo Zobernig: non esiste un’architettura priva di funzionalità, essa vale anche quando non possiede più il valore d’uso immediato. Perciò Zobernig ha studiato l’architettura di questo padiglione che indugia tra storicismo e modernismo ed ha fatto sparire, attraverso un lavoro che si muove tra architettura e scultura, tutti gli elementi che distolgono attenzione dalla sua prima anima, quella più modernista.  Soffitto e pavimento sembrano rispecchiarsi e collegarsi all’esterno, dalla parte del cortile retrostante riallestito con un apposito lavoro, i dislivelli interni sono cancellati, le condizioni atmosferiche esterne riempiono l’interno: nell’insieme si determina una sensazione di decelerazione e concentrazione.  Ma l’obiettivo dell’artista si svela appieno solo in un terzo momento, quando, seduti sulle panche da lui disegnate e posizionate ci si rende conto di essere, noi tutti, visitatori e pubblici, su un palcoscenico rialzato. Senza luci che abbagliano il palcoscenico restituisce a ciascuno, quelli che avanzano nello spazio, quelli che osservano da seduti, identità e benessere. Siamo noi le sculture viventi che abitano lo spazio.
Nello stesso stile, elegante nel rigore essenziale, anche il catalogo del padiglione di Heimo Zobernig: fotografie di Georg Petermichl che scandiscono il nero di, testi concisi ed efficaci  di Penelope  Curtis (direttrice della Tate Britain, Londra) e Yilmaz Dziewior (curatore del padiglione e direttore del Museo Ludwig di Colonia).
Paola Tognon
mostra visitata il 6 maggio
Dal 9 maggio al 22 novembre 2015
Heimo Zobernig
Padiglione Austria
Biennale di Venezia,
Giardini della Biennale
Sestiere Castello, 30122 Venezia, Italia
Orari: dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18

Laureata e specializzata in storia dell’arte, docente, critica e curatrice. Mi interessa leggere, guardare, scrivere e viaggiare, fare talent scout, ascoltare gli artisti che si raccontano, seguire progetti e mostre, visitare musei e spazi alternativi, intrecciare le discipline e le generazioni, raggiungere missions impossible. Fondo e dirigo Contemporary Locus.

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