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fino al 24.IX.2006 | Lucio Fontana – Venezia / New York | Venezia, Peggy Guggenheim

di - 19 Giugno 2006

La prima è una città medioevale, bizantina, barocca, e detestata dai Futuristi. In effetti, come negarlo, l’immaginario legato a Venezia è soprattutto sentimentale: notti d’amore, decadenza, chiaro di luna, e tutto il meglio della fantasia turistica. La seconda è una città che i Futuristi avrebbero invece amato alla follia, con automobili, palazzi di vetro, spietata, nuova: New York. Venezia e New York, il popolare e l’avanguardia, la sensualità e l’utopia, sono le due anime di Lucio Fontana. La mostra del Guggenheim ricostruisce uno spaccato finora inedito, riunendo per la prima volta, dopo faticose ricerche fra collezioni pubbliche e private, le opere realizzate fra i ’61 e il ’62 dall’artista italo-argentino.
La storia ha inizio proprio nel 1961, quando Fontana partecipa alla mostra Arte e contemplazione di Palazzo Grassi. È in buona compagnia: ci sono Dubuffet, Wols, Tapies. Per l’occasione realizza la serie di Venezie. Seguendo il filo del ricordo, lavorando ad un ritmo sorprendente, ricostruisce, attraverso una ventina di tele quadrate, una giornata trascorsa nella Serenissima. L’immaginario sentimentale lo influenza, tanto che abbandona per la prima volta il rigore del Concetto spaziale, e intitola le nuove opere Il cielo a Venezia, Il sole in Piazza S. Marco, All’alba Venezia era tutta d’argento, Notte d’amore a Venezia. Nonostante la volontà di raccontare fatti visibili, Fontana sceglie la strada della rappresentazione per analogia o per metonimia: come già annotato nel Manifesto spaziale 2, del 1950, “l’artista spaziale non impone più allo spettatore un tema figurativo, ma lo pone nella condizione di crearselo da sé, attraverso la sua fantasia”. Ecco che del sole o della luna restano solo gli immensi sfondi gialli, dorati, argentanti, o un bianco che abbacina. All’architettura rimandano le pietre dipinte, i vetri di Murano incastonati, come frammenti di un mosaico, nel fondo d’olio.

Bastano due linee concave a suggerire l’immagine di una cupola. Non mancano le collezioni di buchi e i tagli verticali, che sottolineano la tensione spirituale di Fontana, aprendo nell’iconostasi della tela spazi che includono l’oltre. Questa serie, un affascinante caso unico nella produzione di Fontana, non è priva di sorprese, soprattutto se osservata accanto ai Concetti spaziali di poco precedenti, come suggerisce il percorso del Guggenheim. Ma non mancò, all’epoca, di stuzzicare gli scettici: “l’invenzione è meno raggiunta” scrisse il critico Toni Toniato, “e l’artificiosità delle materie colorate appare forzata in un allegorismo decorativo”.
Nel presentare questa serie a New York, nel 1962, Fontana rimase esterrefatto dalla città americana: “New York mi ha fatto un’impressione terribile: è una città fatta di colossi di cristallo sui quali il sole batte provocando torrenti di luce. (…) è più bella di Venezia!”. Questo sincero stupore lo spinse ad annotare impressione con disegni e bozzetti, e poi a realizzare una serie intera, ben più ispirata della prima. All’olio Fontana sostituisce il metallo, al quadrato il formato verticale. Colpito dalla tensione dei grattacieli, dalla luminosità dolorosa delle vetrate, dalle fenditure di sole: Fontana trasforma New York in una cattedrale gotica, attraverso una serie di gigantesche lamiere attraversate da tagli tragici, fori, graffi, che ne catturano la carica elettrica e spirituale. Sono icone moderne. Colpisce soprattutto l’opera che chiude il percorso, Concetto spaziale New York 10: un trittico il cui metallo, tormentato sul recto e sul verso, attraversato da tre lunghi tagli, riluce in modo irregolare. Ha la forza assoluta di un accordo d’organo, o della quasi contemporanea Lux aeterna di Ligeti.
Fontana, meditando sulla serie di Venezie, e ponendo le basi per la realizzazione della serie New York, fece la sua dichiarazione di fede: “penso che la Materia sia importante per l’evoluzione dell’arte, ma bisogna che l’artista domini la materia: è l’elemento che serve all’artista per la sua nuova creazione, ma la cosa più importante è l’Idea”. È proprio nel momento di tensione tra queste due polarità che Fontana dà il meglio di sé. Nello scatto spirituale, il cui più grande esempio è il taglio.

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andrea liuzza
mostra visitata il 4 giugno 2006


Lucio Fontana – Venezia / New York
Peggy Guggenheim Collection, Palazzo Venier dei Leoni, 701 Dorsoduro – 30123 Venezia
Orario: 10.00-18.00; chiuso il martedì – 10 € (intero); 8 € (oltre i 65 anni); 5 € studenti; gratuito 0-12 anni – Info: tel. 041 2405411 / 041 2405404 – fax. 0415206885; info@guggenheim-venice.itwww.guggenheim-venice.it


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