Tutte le opere più importanti della collezione appartenente alla Fondazione Luciano e Agnese Sorlini, riunite per la prima volta in una mostra curata da Filippo Pedrocco. Da Giovanni Bellini a Tiepolo, tre secoli di storia della pittura veneta -in particolare veneziana- vengono illustrati attraverso cinquanta capolavori.
In questa grande storia, che va dal XV al XVIII secolo, convivono immagini sacre e mitologiche, ritratti e vedute. L’opera più antica? È una Pietà di Nicoletto Semitecolo (1353-1370) in cui le figure di Cristo, Maria e San Giovanni si stagliano su uno sfondo rosso brillante, lo stesso colore del sangue che cola dalle ferite di Gesù. È da sottolineare come gli occhi della Madre e del Figlio si incrocino in uno sguardo complice, in uno spazio caratterizzato da un impianto prospettico approssimativo, frutto probabilmente della visione dell’opera di Giotto in quel di Padova, da cui il dipinto proviene. Il colore rosso, simbolo della Passione, è presente anche in Madonna col Bambino di Giovanni Bellini (1426-1515), dipinto in cui la Madonna, ricoperta da un velo purpureo, osserva il Bambino con le mani giunte. Dolcezza, regale maestosità e drammatica malinconia si fondono in questo capolavoro, in cui si può leggere il preludio di un destino già scritto. Ma è nel Cristo deposto dalla croce di Francesco Guardi (1712-1793) che il dramma della Passione raggiunge il suo culmine. Il Cristo del Guardi, quasi spogliato della propria natura divina, è un uomo lacerato dalla sofferenza e dalla morte. Alla sofferenza del Figlio partecipa anche la Madre, che crolla a terra priva di forze, cercando un ultimo contatto con quel corpo senza vita. Di minor impatto emotivo, ma certamente non meno caratteristiche della pittura veneziana, sono le vedute del Canaletto (1697-1768), che nell’opera giovanile Capriccio architettonico raffigura delle rovine classiche facendo ampio uso del chiaroscuro.
La storia che la mostra intende raccontare trova la sua fine “ideale”, ma attenzione non è necessariamente un punto di arrivo, nei Tiepolo. I quadri di Giambattista Tiepolo (1698-1770) e del figlio Giandomenico (1727-1804) sono affiancati. Giambattista ne L’ angelo della Fama è intento a celebrare e glorificare il committente e la sua famiglia. Raffinatezza e studio degli effetti della luce caratterizzano quest’olio su tela. Nel quadro Cristo e la samaritana al pozzo Giandomenico sembra invece allontanarsi dalla pittura decorativa e fastosa del padre per narrare l’avvenimento evangelico in modo spontaneo e semplice: un’atmosfera di intimità e comunione di spirito pervade l’intera tela.
paolo francesconi
mostra visitata il 28 ottobre 2005
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