La Treviso degoldinizzata, liberatasi da quell’ “-ismo” innominabile riprodotto nella scatola di cioccolatini come nel piattino da edicola, sembra aprire al meglio una nuova e più culturalmente impegnata stagione. Certo il secolo è sempre quello, l’Ottocento, ma il terreno è in gran parte nuovo, poco conosciuto, poco dibattuto: l’Ottocento veneto –la seconda metà del secolo, in particolare- colto finalmente in maniera esaustiva, non limitata a quei pochi quanto illustri nomi che bene o male tutti conoscono.
La situazione artistica veneta rispecchia la fibrillazione sociale e politica di quegli anni: il tracollo della Serenissima, il dominio napoleonico e quello asburgico, i moti del 1848, l’indipendenza ed infine l’unità d’Italia. Una pittura che, erede della tradizione, da Venezia all’entroterra è imbevuta di luce e colore anche quando tocca generi tradizionalmente più “bituminosi”, come il ritratto. E, a proposito di generi, sono questi a scandire le tappe del percorso. S’inizia così appunto dal ritratto, genere solitamente poco digerito nelle sue forme tradizionali, ma che qui si declina spesso in palpiti più intimi -è il caso de La signorina Pegolo di Nono– e talvolta allegorici.
Dal ritratto all’autoritratto, copiosamente testimoniato nella sezione dedicata agli artisti e al loro lavoro in studio. Numerose le opere di Molmenti, Pajetta, Serena ed altri, oltre ai più noti Favretto, Nono, Ciardi, Caffi. Tra le soluzioni più originali, un Autoritratto di spalle di Bresolin, anche se più appetibili sono i sensuali nudi di modelle, su tutti quello di Selvatico. A sorprendere, oltre ad un’opera di Nani spumeggiante di colore, è anche La moglie gelosa di Favretto, che si ritrae in intimo dialogo con la propria modella mentre la consorte, gelosa, osserva di sbieco dalla porta. A corredo di questa sezione, le tavolozze vissute di Favretto e Nono, che per intensità sembrano idealmente introdurre alla sezione dedicata alla veduta.
Qui a fare da padrone sono le tele di Caffi, che dal buio, alla nebbia, alla neve al tramonto –come nel Notturno dalle incendiarie contrapposizioni di luce- rendono superbamente l’intensità atmosferica. Visioni più idilliache ed apparentemente tranquille nei lavori di Querena e Bresolin. Se un’intera sezione è stata dedicata alle vedute di Venezia con lavori di Tito, Milesi, e soprattutto Fragiacomo, i lavori forse più meritevoli dell’intera mostra sono quelli eseguiti dal vero, con un protagonista assoluto, Gugliemo Ciardi, affiancato da altri importanti maestri dai temi forse più aneddotici, come La morte del pulcino di Nono. Popolani, relitti d’umanità (L’ubriaco, di Rotta) sono i protagonisti della pittura di genere, mentre temi più pittoreschi, dalle scene di gioco a quelle del mercato, arricchiscono la sezione dedicata alla vita quotidiana.
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