Tre sezioni che raccontano il percorso ultra decennale di Moreno Gentili sul tema della tecnologia e su ciò che comporta l’averne accettato l’autorità. Fotografo, artista e performer, Gentili ha scelto di usare i propri mezzi espressivi “per porre domande sui valori e i disvalori generati dalla tecnologia” (Angela Vettese).
Le tre sezioni sintetizzano tre diversi, eppure complementari, approcci al tema. Nella prima, le immagini -raccolte nel 1991 dentro l’area industriale del petrolchimico di Porto Marghera- fanno da perimetro allo spazio espositivo. Gli scatti (già assegnatari del premio Franco Pinna) sono affiancati in fase di stampa a formare una sequenza di dittici e trittici alla modernità, pronti a stimolare una riflessione sullo stato di avanzamento del progresso e sui continui attacchi alla natura che questo comporta. Si coglie immediatamente il lato trash di questi lavori, a volte sfocati, altre volte mossi o decentrati. Centrali all’opera sono infatti i labirintici impianti di depurazione, le raffinerie, i depositi e i laboratori di ricerca, tanto che anche gli “abitanti” di questi luoghi passano in secondo piano. Diventano protagonisti i territori meno noti della nostra contemporaneità, quei mondi sommersi, invisibili e misteriosi di cui nessuno può e vuole portare testimonianza. Traspare un certo debito culturale nei confronti della poetica futurista e di tanta fotografia di reportage ma soprattutto emerge l’intento di sensibilizzare l’osservatore sulla fragilità di un sistema in cui l’uomo è ormai costretto – da un processo inarrestabile – a mediare tra i benefici e i malefici del caso.
Sulle pareti della seconda sala invece campeggiano, imponenti e coloratissime, le stampe che riproducono alcune tra le più note opere di Gentili: i dummies (manichini per crash test). Copie umane dal fascino metafisico e surreale pronte a ricordarci quanto spesso siamo sottoposti a sollecitazioni e traumi sconosciuti fino a qualche decennio fa. Figure che diventano malinconiche e agghiaccianti quando, come nell’immagine che dall’atrio accoglie i visitatori, assumono le fattezze di bambini ordinatamente seduti in attesa del test d’urto.
La ricerca di Moreno Gentili culmina infine col progetto fotografico e performativo Do Not Cross. Iniziato nel 2003, il progetto, che sarà portato a compimento nel 2006, viene per la prima volta presentato alla Bevilacqua La Masa con imponenti stampe su PVC raffiguranti i primi siti segnalati sulla mappa dei “luoghi del pericolo”, ossia le alpi retiche, le alpi provenzali e i pirenei catalani: aree verdi ammalate e difese dall’artista in un ultimo tentativo di salvaguardarle dall’uomo.
Le ultime stanze del percorso espositivo solo letteralmente avvinte dall’aggetto prospettico dei nastri gialli e neri – marchiati do not cross– che Gentili ha personalmente srotolato lungo la linea che circonda (come nell’area di un delitto già commesso, in cui ogni ulteriore intervento è bandito) le oasi naturali poste a oggetto dell’azione.
E se, come ama ricordare l’artista, Pierre Restany sosteneva che l’arte è profezia c’è da augurarsi che questa volta aiuti almeno a riflettere.
articoli correlati
Intorno alla fotografia: 37 cornici per 37 fotografi
caterina de march
mostra visitata il 9 settembre 2004
Tra arti applicate e astrazione: in mostra a Palazzo Citterio fino al 7 gennaio 2026, il percorso anticonvenzionale di una…
A Bari, la prima edizione del festival Spazi di Transizione: promossa dall’Accademia di Belle Arti, la manifestazione ripensa il litorale come spazio…
Il mitico direttore Daniel Barenboim torna sul podio alla Berliner Philharmoniker e alla Scala di Milano, a 83 anni: due…
In mostra da Mondoromulo, dinamica galleria d’arte in provincia di Benevento, due progetti fotografici di Alessandro Trapezio che ribaltano lo…
La Pinacoteca Civica Francesco Podesti di Ancona riapre al pubblico dopo due anni di chiusura, con un nuovo allestimento delle…
Tra intelligenza artificiale, installazioni monumentali e video immersivi, i settori "Zero 10" e "Meridians" mostrano come la fiera di Miami…