Una sezione di trentasette dipinti, antichi e moderni, che arrivano dalla collezione d’arte della Banca Carime per sottolineare, ancora una volta, una concertazione d’intenti tra la Soprintendenza di Matera e l’istituto di credito. Il progetto della mostra s’inserisce nel tema del collezionismo privato. La Carime acquisendo questa collezione, ha assicurato la conservazione e la sopravvivenza di capolavori un tempo appartenuti a nobili famiglie, ma destinati a disperdersi nel mercato antiquario.
Le tele del Sei e Settecento dialogano strettamente con quelle della Collezione D’Errico a cui è dedicata una sezione all’interno del museo materano. La continuità stilistica e cronologica esistente tra le due collezioni è inequivocabile: alle tele di Jusepe de Ribera, Francesco Guarino, Salvator Rosa, Luca Giordano, Francesco Solimena, Domenico Antonio Vaccaio, Francesco De Mura della collezione Carime fanno eco -come sottolinea la direttrice del museo Agata Altavilla- quelle dipinte dagli stessi artisti nella succitata collezione.
La mostra coinvolge tre sale espositive; l’ordine adottato per la collocazione delle opere è cronologico. Le prime due sale contengono tele del Sei e Settecento, privilegiando opere di matrice napoletana e di chiara ispirazione caravaggesca. La terza sala, invece, è costituita da dipinti d’arte contemporanea storica con nomi come Umberto Boccioni, Onofrio Martinelli, Josè Ortega, Domenico Purificato, in un’armonica coesistenza con quelle presenti nella sezione del museo dedicata a Carlo Levi.
La pennellata brillante e dai colori smaltati definisce la Santa Caterina d’Alessandria di Innocenzo Sacconi, che dà il via all’esposizione museale. L’opera si contrappone al buio pesto che inghiotte le figure dei caravaggeschi, dove i soggetti paiono fluttuare nel nero assoluto. Nella Sacra Famiglia di Gian Battista Caracciolo la luce bianca, invece, investe il corpo paffuto dal ventre tondeggiante del Bambino Gesù e il volto della Vergine. Le tre figure sembrano galleggiare attorno ad uno stagno nero, nel cuore dell’immagine, come frammenti onirici, vicine ma distanti allo stesso tempo.
La qualità pittorica di Jusepe de Ribera (Ecce Homo, XVII) , le visioni classicheggianti e mitologiche di Salvator Rosa , (Paesaggio con soldati e contadini e Ulisse riceve gli abiti da Nausicaa, XVII sec.), la dolce sinuosità delle forme e il colorismo morbido di Mattia Preti, (Cristo e la Cananea e Cristo morto appare agli apostoli, sec. XVII) , il concitato avvolgersi di membra nelle tele di Francesco Solimena, (San Benedetto accoglie Mauro e Placido e Battaglia tra i Centauri e i Lapiti, sec. XVIII) , sono solo alcuni esempi del percorso articolato che offre il museo di Matera.
Fino ad arrivare a Gisella’ di Umberto Boccioni (1907), al ricco cromatismo de Il ritorno del territoriale di Vincenzo Irolli, (1919), al surreale e possente Nettuno pescatore di Alberto Savinio (1933) o al groviglio di segni che satura la visione di Lecci e pini o Forme astratte di Fausto Pirandello (1964).
katya madio
mostra vista il 18 novembre 2004
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