Yoko Ono (Tokyo, 1933) comincia la sua carriera d’artista negli anni Sessanta. A New York è tra i fondatori di Fluxus, un manifesto che raccoglie artisti concettuali catturati –a volte un po’ ingabbiati- dall’idea di ispirarsi alla cultura non occidentale. Il gruppo era dedito a sperimentazioni che toccavano diversi generi e supporti espressivi. Le performance della Ono hanno da sempre compreso filmati, composizioni poetiche, creazioni musicali ed happening, tutti incentrati su specifiche tematiche di respiro universale.
Alla GAMeC l’artista si ripropone per commemorare il “Giorno della Memoria”, anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, avvenuta nel ‘45. Le tre installazioni esposte per l’occasione sono parzialmente inedite e sono state ambientate all’interno del complesso murario della Porta di Sant’Agostino. Lo spazio, accogliente e insolito, cannibalizza in parte l’esilità e la forza divulgativo-espressiva dell’esposizione. I muri cinquecenteschi, con pietre a vista ammorbidiscono e mettono in risalto un nuovo lato del lavoro di Yoko Ono. Il lato storico oltre che quello semantico.
Nel centro della sala è disposto We’re all water, un lungo e stretto sostegno ligneo che porta su di sé 120 boccette di vetro contenenti la stessa quantità di acqua. Su ognuno dei recipienti è apposta un’etichetta bianca riportante il nome di Grandi della Storia. Si va da Freud a Lou Reed, da Kafka a David Bowie. Per arrivare fino a Yoko Ono stessa e a Pirandello. Solo sette di queste bottigliette risultano anonime. In attesa che qualche spettatore inserisca se stesso fra i personaggi. Perché, come recitano i versi di una canzone, composta dall’artista insieme al marito John Lennon, There may not be much difference/ Between me and you […]/ We are all water from different rivers/ That’s why it’s so easy to meet.
L’installazione, comunque, non è una novità per il pubblico italiano. La stessa aveva già fatto da anfitrione durante la scorsa edizione di Artissima 2006, aprendo il percorso espositivo all’interno di uno stand privato. Da segnalare inoltre, al di là dell’innegabile effetto impattante, diverse sviste fra le boccette d’acqua. Alcune etichette hanno nomi scritti con errori d’ortografia e in più di un caso risulta presente un doppione.
Particolarmente intensa, invece, e creata site specific per la ricorrenza del Giorno della Memoria, è la piccola installazione Mother Earth. Tre mucchietti di terra consacrata giacciono gli uni accanto agli altri. Il ciclo della vita finisce quando l’uomo si rimette alla propria zolla e la morte ricopre tutti senza distinzioni. La Fine torna uguale tanto in un camposanto ebraico, quanto in uno cristiano e in uno musulmano. La Ono, seguendo questo filo conduttore, ha voluto che la terra cruda, proveniente da tre diverse aree religiose, giacesse alla Porta di Sant’Agostino come un monito dolce e non come un memento. Give love to mother earth / Call your mother and ask / How she’s doing.
ginevra bria
mostra visitata il 10 febbraio 2007
Diamanti, gemme colorate, ma anche una selezione di grandi firme, da Buccellati a Van Cleef & Arpels. Ecco i top…
Dal 18 maggio entrerà in vigore il nuovo regolamento di riorganizzazione del Ministero della Cultura, che sarà diviso in quattro…
Stefano Tamburini, Laura Grisi, Luigi Serafini, Alva Noto sono i protagonisti dei progetti espositivi del MACRO di Roma, tra design,…
In una Parigi che sta vivendo una fase solida per l’arte contemporanea, si nota in questa primavera Panchronic Gardens la…
Risposte false di intelligenze artificiali allucinate: lo spazio di Superattico, a Milano, ospita un progetto dello Studio di design LASHUP,…
Nel suo ultimo saggio edito da Mimesis, Marco Mancuso tenta di rompere gli schemi rigidi del capitalismo, verso la libertà…