In un momento in cui gli si profilava un’onesta carriera senza eccessi, alimentata da un collezionismo ormai affezionato, alla soglia dei quarant’anni Nicola Verlato (Verona, 1965) si è rimesso in gioco, scendendo nell’agone della piazza più recettiva, ma anche più competitiva e difficile del globo.
Con sé portava il bagaglio formale di una tecnica raffinata, fortemente plastica e chiaroscurale, non dimentica della tradizione pittorica europea. E quello concettuale di un immaginario desunto dalla realtà e dalla storia contemporanea, che interpretava con enfasi, fissandolo in un limbo senza tempo, dove personaggi e accadimenti si ammantavano di suggestioni mitiche ed epiche.
La debolezza della pittura nell’era della pervasività del digitale era la leva ideale sulla via di una riappropriazione della propria storia, dalla violenza negli stadi alla guerra in Iraq.
Nei nuovi lavori il cambiamento di rotta è deciso, diritto verso il maelstrom della cultura pop a stelle e strisce; un flusso minaccioso e violento, che sembra sull’orlo di travolgere tutto, dove caos e disordine hanno preso il posto di equilibrio e immobilità. Suggestionato dai disastri naturali che riempiono le cronache quotidiane, Verlato prefigura l’apocalissi di un cataclisma dai connotati antropocentrici, generatosi dal cuore stesso della società. Devastanti tornado si abbattono su paesaggi tanto quieti e intatti quanto misteriosamente sterotipati, falsi, punteggiati da elementi simbolici, dai monumenti pubblici ai vasti ranch. Rievocando la
Sulla prassi consolidata del disegno dal vero, della realizzazione dei bozzetti, Verlato ha sviluppato una personale rielaborazione della tecnica dell’illustratore Eric Stenton, con la preparazione dei fondali ad aerografo e quindi la progressiva stesura degli olii a velature. Un modus operandi che compatta le dominanti cromatiche in una sorta di sottovuoto ed esaltare la tensione muscolare di un incubo disneyano deviato, nel quale oggetti e figure appaiono risucchiati in un flusso tortile, che precipita nel buio o si squarcia nella luce abbacinante.
Gli impianti tendono sempre a rifuggire la fissità dell’impostazione ortogonale e si animano di un dinamismo dall’andamento elicoidale, aperto su vedute a volo d’uccello, di sapore secentesco. La teatralità delle scene, che indulge nel dettaglio quasi vezzoso, si regge sulla corrispondenza tra forma e contenuto e si esprime liberamente, fuori dai confini di una buona maniera che in passato le aveva negato l’esplorazione di territori insidiosi, quali l’eccesso, la ridondanza, l’accumulo e il caos.
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Intervista a Nicola Verlato
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www.nicolaverlato.com
alfredo sigolo
mostra visitata il 10 marzo 2007
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VERLATO RULES! Winter is coming.
L.S.
è normale fumetto. è triste non saper dipingere come lui. ti capisco
G R A N D E !
CHE TRISTEZZA!!