I bambini che Tiziana Arici e Gabriella Goffi hanno incontrato sono bambini tristi, abbandonati, che hanno subito abusi e che ora vivono in comunità di recupero, seguiti da psicologi e specialisti. L’idea di partenza è quindi quella di rappresentare un’infanzia spezzata, traducendo in immagini le paure, i sogni, le fiabe, i giochi di coloro che ormai portano dentro un “marchio”. “L’infanzia è un’età bellissima” spiega la Goffi “ma è anche molto facile farle del male. E poi te lo porti dentro per tutta una vita”. Da qui l’idea del titolo Casca il mondo, preso a prestito da quella che è da sempre la filastrocca preferita dei più piccoli. Un girotondo che si fa via via più vorticoso e che inevitabilmente quei bambini li butta a terra.
Attraverso laboratori creativi, si cerca una possibile via di riscatto. I giochi, i colori, i giocattoli, i disegni: attraverso questi canali i bambini parlano. Ed è stato osservandoli che Gabriella Goffi ha compreso la loro sofferenza. É stato un lavoro lungo e coinvolgente, che l’ha portata a registrare tutte le loro emozioni, diventate poi sculture di creta, tela, tessuto. Da un lato l’uomo nero, il serpente, le paure chiuse in una scatola (come Anna, che “ha paura del suo disegno”); dall’altra la fantasia di voler volare, di avere “le gambe lunghe” per scappare dai mostri.
Con tutto questo si integra bene la videoproiezione montata da Beppe De Vecchi, con le immagini che Tiziana Arici ha raccolto casualmente in giro e nelle scuole materne di Brescia e Salò. La Arici rivolge l’attenzione alla socialità, alla quotidianità, ai giochi, alle modalità in cui questi bambini interagiscono tra loro. E per mezzo del suono i suoi scatti prendono voce.
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