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Fino al 7.I.2001 | Napoli 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia | Ferrara, Palazzo Diamanti

di - 12 Ottobre 2000

Dopo Roma, Milano e Venezia è ora la volta di Napoli, chiamata a mostrare gli esiti dell’intenso fermento e del dibattito che segnarono quegli anni in campo culturale. Ma qui interessa soprattutto trattare di quella profonda rimeditazione che ebbe come oggetto il gusto, la critica, l’estetica e l’idea stessa dell’arte in Italia, e a Napoli nel caso specifico: la ricapitolazione, a distanza di mezzo secolo, delle correnti e figure principali di una fortunata stagione artistica nostrana, forse l’ultima o, almeno, l’ultima che, non nei singoli ma nei gruppi e nelle tendenze, ci è riconosciuta a livello internazionale.
Il decennio che preparò il boom degli anni ’60 in Italia se da un lato fu particolarmente difficile e non privo di ostacoli, dall’altro proprio le traversie e le incertezze furono di stimolo, anche a Napoli, per alcuni straordinari intellettuali e letterati che favorirono l’incontro di giovani artisti di grande talento. All’interno di questo fertile concilio prese le mosse un confronto condotto essenzialmente sulle ragioni dei fautori di un rinnovamento dell’arte in senso figurativo e della frangia che, al contrario, sosteneva invece la validità della ricerca nel campo dell’espressionismo astratto. Il Gruppo Sud, che svolse la sua attività tra il 1947 e il 1950, seppe accogliere in sé entrambe le anime di questo confronto. Quando questo si divise, il manipolo degli avanguardisti (Barisani, Tatafiore, De Fusco e Venditti) si avvicinò alla ricerca di quel gruppo milanese che, opponendosi al realismo impegnato di matrice comunista, inneggiava all’astrazione geometrica degli anni ’30, proponendosi di continuarne la ricerca. I napoletani (con i fiorentini, i genovesi, i romani e i torinesi) guardarono infatti con attenzione al messaggio di Monnet, Munari e Soldati, e aderirono ai proclami di Dorfles, che nel ’48 aveva fondato il M.A.C. (Movimento Arte Concreta).
Altra tappa fondamentale per la scena napoletana fu l’iniziativa in senso informale di alcuni artisti, in particolare di Colucci che diede i natali al Movimento Nucleare Napoletano con Palombo, Del Pezzo, Persico e Biasi. Il maggior pregio di questo gruppo fu forse quello di coltivare la linfa che generò il Gruppo ’58, l’aggregazione partenopea che riuscì con maggiore intensità a proporre sulla scena italiana un’originale ricerca estetica, manifesta nelle frequentazioni prefigurative condotte con tecniche sperimentali tipicamente nucleari, ove artisti come Biasi riuscirono a proporre nuovi percorsi attraverso un recupero di materiale folclorico e popolare e un intenso impiego di materiali di recupero.
A rinfocolare la scena culturale napoletana ci pensarono anche l’accademia e le gallerie private, all’epoca molto sensibili alle mutazioni del gusto e luogo di confronto culturale esse stesse.
Delle quattro mostre tenute a Ferrara sull’arte degli anni ’50 forse questa è la meno spettacolare, potendo Roma, Milano e Venezia contare su alfieri forse di livello assoluto più alto, dotati di un’indole più riformatrice e un’ispirazione sorgiva; c’è poi la questione che la vita culturale in questa città era all’epoca particolarmente ricettiva nei confronti dei personaggi e delle correnti straniere, sollecita dunque al continuo interscambio intellettuale.
Tuttavia la mostra è interessante, lo è la storia figurativa napoletana degli anni ’50, forse anche in considerazione di quella particolare resistenza delle istanze figurative che faticano a farsi da parte e lasciare spazio alle esplosioni astrattiste. L’esperienza napoletana pare, in alcuni casi, voler proporre un’alternativa impraticabile tra astrazione e figurazione, quasi volendo descrivere lo stadio intermedio di una metamorfosi dell’oggetto verso la sua non-referenzialità. Nello stesso tempo la forte presenza di opere create anche con l’impiego di materiali non pittorici, metalli, legni, oggetti di uso quotidiano, ecc., per certi versi può far avvicinare la ricerca napoletana, più di altri, al periodo successivo: gli anni ’60, l’epoca dell’auto-referenzialità dei materiali e del concettuale.
A margine non possiamo non considerare che l’allestimento e il percorso espositivo ferraresi non risultano particolarmente riusciti: spesso infatti si procede faticosamente e confusamente tra le tele, causa le logorroiche e talvolta discutibili didascalie, affidate ad un unico pannello per ciascuna sala. Meglio sarebbe stato limitarsi ad analisi complessive e considerazioni generali sui pannelli ed invece affidare a didascalie a latere delle opere la descrizione particolare, morfologica, stilistica e storico-critica di quest’ultime. Per Ferrara si chiude un progetto di grande impegno e, complessivamente, estremamente positivo, per la riuscita ricapitolazione di momenti decisivi dell’arte italiana del ‘900.
All’inaugurazione della mostra ha voluto esser presente anche l’ex Sindaco di Napoli Bassolino.


Alfredo Sigolo

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“Napoli 1950-59”, Ferrara, Palazzo Diamanti, Corso Ercole I d’Este 21. Dal 24 settembre 2000 al 7 gennaio 2001. Orari: tutti i giorni feriali e festivi 9.00-13.00 e 15.00-18.00. Ingresso: intero £ 12.000, ridotto £ 10.000, gruppi (min. 10 persone) £ 10.000, gruppi scolastici £ 8.000, l’esibizione del biglietto ferroviario consente l’ingresso ridotto (non cumulabile). Presso tutte le biglietterie dei Musei Comunali di Ferrara è in vendita la Card Musei che vale un anno e consente ingressi ridotti alle mostre dei Musei Comunali. Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0532/209988 e 0532/204828; fax 0532/203064; e-mail diamanti@comune.fe.itartemoderna@comune.fe.it; web http://www.comune.fe.it
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  • Per Roberto Bianchi: che io sappia questo è un progetto di di Ferrara per Ferrara; non ho notizie riguardo ad un interessamento di altre città per un rilancio della mostra. Colgo l'occasione per informare, chi ne fosse interessato, che presso il bookshop del museo si trovano in vendita ancora i cataloghi delle mostre precedenti dedicate a Roma, Venezia e Milano.

  • Questa mostre dedicate alla storia figurativa di una città poi vengono ospitate anche nella città stessa o dopo Ferrara la cosa finisce li?
    ciao

  • A Silvia: anche una involontaria citazione leopardiana per ringraziarti. Perdoneranno i puristi l'appropriazione indebita, ma vien da sé:
    "Che pensieri soavi,/ che speranze, che cori, o Silvia mia!"

  • Per Alfredo: non mi ero accorta del tuo commento.
    Certo che quella Silvia non mi sembra avesse fatto una bella fine...

  • A Silvia: avevo pur detto che era una appropriazione indebita. D'altro canto (ma di quel Canto) anche il significato della citazione è travisato. Eppoi, non sottilizzare! Ti ho dedicato un verso del Sommo, mica uno del Gabibbo (senza offesa per i pupazzi).

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