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Fino al 9.VII.2017 | Hermann Nitsch, Orgien Mysterien Theatre – Colore dal rito | CIAC, Foligno

di - 24 Aprile 2017
La tragicità di Egon Schiele, la potenza di Gustav Malher, l’imperscrutabile di Sigmund Freud. Queste le premesse di una cultura austriaca inquieta protagonista di un Novecento altrettanto tormentato, che ha trovato la sua espressione più massimalista nell’opera di Hermann Nitsch, visibile in mostra fino al 9 luglio presso il CIAC di Foligno con la personale “Hermann Nitsch Orgien Mysterien Theatre – Colore dal rito”.
Un’antologica che, grazie al coordinamento e alle scelte dei due curatori, Italo Tomassoni – direttore del museo – e Giuseppe Morra – editore e gallerista dell’artista – presenta al pubblico la produzione forse meno conosciuta del maestro austriaco – perciò ancor più degna di approfondimento – comprendente quella inerente alla seconda metà della sua lunga carriera, qui racchiusa nella selezione di quaranta opere paradigmatiche tutte realizzate fra il 1984 e il 2010 e appartenenti a nove diversi cicli creativi. È pertanto possibile, fra installazioni, lavori a parete e residui di performances, osservare tutta la varietà degli esiti estetici dell’autore, fra loro differenti ma tutti coerentemente riconducibili a un solo tracciato speculativo.
Fondatore – nei primi anni Sessanta – del collettivo performativo del “Wiener Aktionismus”, con cui insieme a Gunter Brus, Otto Muhl, Arnulf Rainer e Rudolf Schwarzkoegler interpreta una  Body Art carica di tensione, trasporto e violenza – lo stesso Schwarzkoegler tra cronache e smentite, pare, perse la vita durante una sua azione – Nitsch la condurrà ben oltre le semplici qualità corporali, trasformandola in una vera e propria esperienza esistenziale al pari di un’opera d’arte totale.

Le opere ospitate in mostra – grazie ad una scrittura espositiva congeniale – ci raccontano molto delle sue pratiche e del suo modus operandi, in quanto rappresentano una documentazione delle sue azioni, giungendo a costituirne il risultato tangibile o la traccia fruibile di un sentire e di un’arte performativa che trovano la propria ragion d’essere, in primo luogo, nell’ambito puramente comportamentale e nel relativo svolgimento. Nitsch recupera così un senso atavico della carnalità che nella storia dell’arte annovera già riferimenti illustri quali quello ai fratelli Carracci, a Chaim Soutine e a Francis Bacon, ma questa volta non se ne parla in chiave pittorica, ma in termini epistemologici e vitalistici, ci si trova quindi a relazionarci veementemente con la realtà, con la sua fisicità ma, al contempo, a trascendere da essa. Questo è possibile grazie alla completa articolazione e alla forza comunicativa delle sue performances, su cui poté confrontarsi con la conoscenza diretta di esponenti storici del genere come Joseph Beuys, Wolf Vostell e Allan Kaprow. Si tratta di azioni caratterizzate dalla rievocazione di una ritualità pagana e primigenia, che si manifesta nell’attuazione di pratiche orgiastiche e onanistiche, corroborate dall’utilizzo di sangue e interiora animali con cui spesso gli attori coinvolti si cimentano attivamente, mentre altri ancora appaiono passivi nel loro essere crocifissi e dello stesso sangue cosparsi, come a simulazione di antiche cerimonie sacrificali accompagnate, a loro volta, da apparati scenici che ricordano suppellettili e oggetti liturgici. È solo nella riproduzione di una tale condizione di primordialità e archetipicità, e nel viverla, che diventa possibile per i partecipanti svincolarsi dalle sovrastrutture della storia e dalle prescrizioni sociali, dalle superfetazioni individuali e dagli automatismi comportamentali, per arrivare a purificarsi dai divieti e da quelle proibizioni religiose, morali e sessuali che attanagliano il nostro inconscio collettivo. Ci si trova di fronte, perciò, a una volontà antidogmatica che si esercita attraverso una Kàtharsis che, proprio come scriveva Aristotele nella Poetica riferendosi alla rappresentazione delle tragedie, avviene solo al cospetto diretto del fatto drammatico e al suo riconoscimento, che l’artista fa coincidere – nel mezzo della concitazione generata dalle sue azioni – con il momento dell’Abreazione, concetto psicanalitico che prevede la purificazione da preesistenti conflitti interiori e stati d’ansia, a volte scaricati anche in maniera esasperata con grida e pianti, di un’emozione o di un vissuto stagnante per un’eccessiva forma di autodifesa nelle insondabili profondità del nostro rimosso.
Hermann Nitsch – nella pluralità della sue realizzazioni – propone un processo catartico che si sviluppa sì in una condizione estrema, ma di certo innegabilmente autentica e vitale, finalizzato comunque ad assolvere quello che da sempre è il compito estetizzante e artistico per antonomasia, di affrancare il fruitore dalle costrizioni mondane ponendolo in contatto diretto con l’essenza intima della realtà. Obiettivo, quest’ultimo, riuscitissimo in mostra.
Davide Silvioli
Mostra visitata il 25 marzo

Dal 25 marzo al 9 luglio 2017
Hermann Nitsch, Orgien Mysterien Theatre – Colore dal rito
CIAC Centro Italiano Arte Contemporanea
Via del Campanile 13
06034 Foligno
Orari: venerdì 16.00-19.00, sabato e domenica 10.30-12.30 – 16.00-19.00
Info: 0742 353230, www.centroitalianoartecontemporanea.com

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