Lungo le pareti dell’Aranciera di Villa Borghese, le grandi tele di
Alessandra Giovannoni (Roma 1954) si aprono come finestre, segnando ritmi e soste dei suoi percorsi quotidiani. Sono i luoghi della sua vita, fotogrammi di un tempo trascorso tra giardini, fontane, strade e piazze. E c’è Roma, trascinata in prospettive lunghe, evocata o scomposta in squarci di luci ed ombra. Circa trenta opere, oli su tela (un trittico su tavola), tecniche miste e bozzetti su carta, esposte insieme per la prima volta, che partono dalla metà degli anni novanta e terminano con la serie recente che ha per soggetto
La fontana della vasca rotonda (2009 – 2010, olio su tela) di Villa Borghese, situata proprio di fronte al
Museo Bilotti. La Giovannoni parte dal disegno. Nelle sue passeggiate in città, utilizza piccoli taccuini
colorati che riempie di schizzi con profili di alberi e piante, passanti, linee di terra e cielo, annotazioni sui toni di colore. Sono semplici tracce che in studio rivivono su vasti supporti, tele e tavole dipinte ad olio. E’ una pittura densa quella dei suoi quadri, che s’impasta al fondo, s’addensa in grumi vivi di materia. Talvolta, quasi a sorpresa, scende in rivoli e colature. Il paesaggio regna sovrano, popolato spesso da presenze umane, bloccate in gesti sospesi, oltre quel tempo. L’artista ama tornare sullo stesso soggetto per ritrarlo in momenti diversi della giornata, annotando talvolta ora e data. Come nella tradizione pittorica en plein air, cerca le variazioni luminose e cromatiche. E incide ombre nere, estensioni di alberi, manufatti e corpi. Spazio, volumi, colore sono gli ingredienti della sua storia. Dopo aver frequentato la Facoltà di Architettura, giunta quasi al termine, la Giovannoni s’iscrive all’Accademia di Belle Arti di via Ripetta e nel 1982 si diploma in scultura con Emilio Greco. Poi la scoperta della pittura ed il lavoro intenso che ha fatto di lei una delle principali interpreti del “ritorno” alla pittura di paesaggio e città, sostenuto e condiviso da diversi artisti nell’ambiente romano. Le sue figure umane, “in cammino” sotto cieli di cobalto, come ne Il Pincio (2004, olio su tela), si muovono sotto una luce accecante. Chi sono, dove vanno? Attori dalla plasticità scultorea, si distribuiscono in una scenografia onirica, testimoni senza volto di un paesaggio visto dentro e rovesciato sulla tela. Oltre agli occhi, serve cuore e memoria. In Galleria Borghese (2001, olio su tela), tre uomini occupano la scena come statue. Ognuno di essi guarda “altrove”, senza incontrarsi ruotano, disposti in circolo. Sullo sfondo, invaso dal bianco che tutto ricopre, in quello spazio enigmatico, la parete dell’edificio avanza con lastre, basamenti e piedistalli, con suggestioni di sapore metafisico. Poco più avanti, sotto verdi fronde e ombre intarsiate, avanzano I Giardinieri (2010, olio su tela), forgiati con pennellate ampie e corpose, di arancio, giallo e ocra. La luce battente si fonde al selciato, intorno le “sentinelle” vegliano sui territori inquieti della Giovannoni.