In Australia, alcuni vandali hanno distrutto una serie di opere rupestri conservate nel sito archeologico di Koonalda Cave, una grotta situata nella pianura di Nullarbor, nel sud del Paese. Individuata da una spedizione nel 1935, la grotta fu riscoperta dagli archeologi nel 1956 e negli anni ’60 fu completamente esplorata, scoprendo migliaia di metri quadrati ricoperti da linee e motivi geometrici, datati fino a 20mila anni fa. Questo atto vandalico rappresenta un disastro per il patrimonio culturale e storico mondiale, oltre che un gesto oltraggioso per il popolo originario dei Mirning, per i quali la grotta è considerata territorio sacro.
«Si tratta di un atto scioccante. Queste grotte sono tra le prime testimonianze dell’occupazione aborigena di quella parte del Paese», ha dichiarato a una testata australiana il procuratore generale e ministro degli affari aborigeni, Kyam Maher, che ha chiesto anche una pena severa per i responsabili. Secondo la legge australiana, danneggiare un sito aborigeno potrebbe comportare sei mesi di reclusione o una multa di 10mila dollari australiani, pari a circa 6.700 dollari.
La grotta è protetta da un cancello d’acciaio installato negli anni ’80 ma sembra che i vandali siano riusciti a scavare al di sotto della protezione per accedere al sito. Le opere d’arte rupestre sono ora ricoperte da graffiti, con messaggi come «Non guardare ora, ma questa è una grotta della morte» scarabocchiati sui segni millenari. I vandali hanno causato un danno enorme e, secondo quanto spiegato dall’archeologo Keryn Walshe, le opere non sono recuperabili: «La superficie della grotta è molto friabile. Non è possibile rimuovere i graffiti senza distruggere i segni sottostanti. È una perdita tragica». La grotta è stata il primo sito in Australia che presentava arte aborigena in un’area al di fuori della portata della luce naturale.
Da vari mesi i rappresentanti della popolazione Mirning e il governo australiano stavano discutendo la possibilità di proteggere meglio il sito di Koonalda. L’area ha subito vari atti di vandalismo nel corso degli anni, con persone che si intrufolavano per incidere date e nomi sulle pareti rocciose, a volte usando solo le dita. La questione era stata sollevata a luglio da Clare Buswell, presidente dell’Australian Speleological Federation’s Conservation Committee ma la mancata risposta ha portato a un danno irreparabile.
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