Categorie: Architettura

architettura_biennale | Vema, ideale come una fila alle poste

di - 6 Novembre 2006

Il padiglione italiano alla Biennale di Architettura offre un’anteprima della città di nuova fondazione che dovrebbe sorgere all’intersezione dei corridoi europei Lisbona-Kiev e Berlino-Palermo: Italia-y 2026. Invito a Vema (Verona-Mantova). Franco Purini muove con anticipo ventennale da un’evidente occasione infrastrutturale proponendo un progetto urbanistico senza idee, dunque ideale. Purini cita sé stesso tra le premesse teoriche -senza riferimento alcuno all’esperienza disturbante di Gibellina- ed inserisce random nel testo la già estenuata immagine dell’affaticata classe creativa di Florida (vogliamo ufficializzare che si tratta della più citata definizione di sempre?). Ma le chiacchiere si esauriscono ben presto, trasformando le successive operazioni in una prassi urbanistica degna di un articolo 11. Quadre, quadrati, diagonali, misure che con vent’anni di anticipo sono precise ai 4 metri, definiscono il sistema attraverso cui Vema perde subito di identità, vedendo affidati i suoi cubetti a 22 progettisti supportati da oltre 200 collaboratori.
Delle 12 pagine attraverso cui la Biennale offre i crediti delle 45 partecipazioni nazionali e della chilometrica esposizione principale, Vema ne assorbe una intera. La frammentazione giova di certo ad un network perseguito ad ogni costo, e infatti i 22 gruppi sono ulteriormente affiancati da un architetto straniero e da un artista italiano.
Non consideriamo neppure le motivazioni della scelta dei progettisti o la qualità dei singoli progetti. Vema è Purini e sarà Purini.
Sinceramente interessa solo un episodio minimo dell’esposizione. Lo “stand” di Antonella Mari -suo il miglior cubetto di Vema- era completato da un’opera di Paolo Radi, importante per il contesto in cui si è trovata collocata.

Sappiamo bene che non costruendo praticamente nulla, gli architetti italiani cercano conforto in tentativi di produzioni digitali. Effettivamente venendo a mancare le realizzazioni un serio e coerente lavoro di ricerca linguistica orientato da tecniche e flussi di lavoro informatici, potrebbe assumere una certa solidità e portare a sviluppi inattesi. Purtroppo, oltre a non costruire, gli architettini digitali si affaticano presto anche la vista al monitor e il livello complessivo di consapevolezza degli strumenti che hanno a disposizione è pari a zero. Nullo poi qualsiasi tentativo di forzatura artistica di quegli stessi strumenti. Alto invece l’entusiasmo per i formalismi ottenibili in cinque minuti da qualsiasi ambiente di modellazione ed alcuni buoni esempi di ciò occupano più di qualche “stand” di Vema.
Torniamo allora alle architetture di Radi. Forme sospese che provocano un rallentamento nella percezione del tempo, volumi che emergono da trasparenze diffuse e calibrate precisando gradualmente i propri margini. Un formalismo ottenuto con tecnica personale la cui eleganza parla un lingua incomprensibile alla pacchianeria veloce dei blob architettonici. Alcune frasi terse accompagnano questi lavori, attenti fino ai titoli e ancora antipodici rispetto al consueto insulso gioco di parole con cui sono confezionati e comunicati i lavoretti digitali dell’architettura “giovane” di questi anni, dove pare non si possa progettare senza un titolo buono per un format pomeridiano di Retequattro.

Gli edifici di Paolo Radi parlano chiaramente di quelli che avrebbero potuto essere gli esiti di una sperimentazione dei linguaggi visivi derivati dal digitale innestata sulla consapevolezza della tradizione architettonica italiana. E invece…

articoli correlati
Biennale Sud
States nell’uragano
Biennale statistica
link correlati
www.padiglioneitaliano.org
www.labiennale.org/it/architettura

luca diffuse

[exibart]


Visualizza commenti

  • ho diffuse speranze che il tuo punto di vista si diffonda diffusamente. che coraggio stavolta, ma hai proprio ragione. su tutto.

  • condividiamo come laboratorio creativo il tuo saggio critico. avendo assistito inoltre ad una conferenza su Vema dello stesso Purini e vivendo in Sicilia non possiamo che essere sconsolati dell'importanza culturale (accademicamente parlando) concessa a questi intellettuali. la presenza di gibellina a pochi chilometri non fa che aumentare l'imbarazzo ed il disgusto per quelle paroli che escono fluenti e certe da quelle bocche così lontane dal mondo e dalla sua poesia.

Articoli recenti

  • Mostre

Alice Neel. I am The Century, a Torino la sua prima retrospettiva italiana

Alice Neel. I am The Century, è la prima retrospettiva in Italia dedicata alla pittrice statunitense, a cura di Sarah…

7 Dicembre 2025 0:02
  • Mostre

Le mostre da non perdere a dicembre in tutta Italia

L’appuntamento mensile dedicato alle mostre e ai progetti espositivi più interessanti di prossima apertura, in tutta Italia: ecco la nostra…

6 Dicembre 2025 21:00
  • Mostre

Milano riscopre Bice Lazzari con una grande mostra a Palazzo Citterio

Tra arti applicate e astrazione: in mostra a Palazzo Citterio fino al 7 gennaio 2026, il percorso anticonvenzionale di una…

6 Dicembre 2025 15:00
  • Progetti e iniziative

Spazi di Transizione a Bari: il waterfront diventa laboratorio urbano

A Bari, la prima edizione del festival Spazi di Transizione: promossa dall’Accademia di Belle Arti, la manifestazione ripensa il litorale come spazio…

6 Dicembre 2025 13:30
  • Musica

Il tempo secondo Barenboim: due concerti, un Maestro e l’arte di unire il mondo

Il mitico direttore Daniel Barenboim torna sul podio alla Berliner Philharmoniker e alla Scala di Milano, a 83 anni: due…

6 Dicembre 2025 12:30
  • Fotografia

Le fotografie di Alessandro Trapezio sovvertono i ruoli dello sguardo

In mostra da Mondoromulo, dinamica galleria d’arte in provincia di Benevento, due progetti fotografici di Alessandro Trapezio che ribaltano lo…

6 Dicembre 2025 11:30