Categorie: Architettura

architettura_rassegne | Conflitti

di - 30 Gennaio 2006

Si potrebbe descrivere questa mostra parafrasando una formula cara ai viaggiatori ottocenteschi. Al ritorno in patria i reduci del Grand Tour riportavano le loro impressioni con un invariabile incipit: “Chi dovesse recarsi in tal posto non s’aspetti di trovare tal cosa…”. Prontuari di sopravvivenza, che invariabilmente negavano alcuni luoghi comuni per svelare più semplici verità. Chi quindi dovesse recarsi a Salerno aspettandosi il segno di una forte vis polemica nell’esposizione dei temi rimarrebbe spiazzato dalla mancata tautologia. La mostra parla della natura intimamente caotica del discorso architettonico odierno, sì, ma in modo ordinato, razionale, diremmo indolore.
Volontà dichiarata dei curatori -Cerri, Colombo e Nicolin- of course, perché non esiste una macrotendenza nel pensiero architettonico contemporaneo, né in Italia né altrove, e sarebbe una forzatura andarla a cercare. Soprattutto, farlo vorrebbe dire accendere una sterile rissa tra pesi teorici equivalenti e necessari nel conflitto costitutivo del fare architettura. Come artificio e natura, spettacolarità ed ordinarietà, densità contro sprawl urbano; dove il contro è il versus latino, vettore di dialogo e intesa.
Ma allora la volontà di non veicolare un messaggio conclusivo diviene guardare o valutare? Elencare acriticamente o analizzare dati messi a sistema? Ci muoviamo, è chiaro, nel secondo terreno. La posizione teorica è figlia dell’epoca del pensiero debole e delle logiche fuzzy (duttili), della filosofia di Popper non assertiva ma mutevole, e afferma che oggi qualunque discorso sull’architettura deve essere espresso nella diatriba di istanze opposte e non nella ricerca di un’unitarietà illusoria. Nel chiedersi se anziché di luogo di conflitti non sia più interessante parlare di architettura come di un accattivante dialogo multicriteria.

L’evento Conflitti compie un percorso in otto sale attraverso le tematiche di discussione dell’architettura contemporanea in Italia e le oppone, le fotografa, le analizza nell’intercalare di studiate contrapposizioni. Fisicamente la rassegna inizia con immagini e video che corrono sul grande banner posto all’ingresso, a captare l’attenzione dello spettatore, mentre totem fonodiffusori emanano, letteralmente, le voci e i pensieri delle archistar contemporanee. Questo escamotage proietta immediatamente nella dimensione dei discorsi affrontati, che è di volta in volta di grandezza territoriale o di dettaglio, con continui rimandi dall’una all’altra scala critica.
Arriviamo alle otto stanze, cuore della rassegna. Otto momenti narrativi che proseguono la polifonia d’ingresso. Otto allestimenti in cui noti architetti espongono la loro interpretazione di altrui opere e di come queste rappresentino temi e conflitti dell’architettura oggi.
Cherubino Gambardella, chiamato ad interpretare la delicata dieresi tra architettura spettacolare ed ordinaria, sceglie Zaha Hadid e David Chipperfield, autori di importanti progetti per Salerno, antitetici per i valori rappresentati. “Il mio allestimento” -dichiara lo stesso Gambardella- “punta a risolvere due condizioni antipolari nel segno non del conflitto ma della dialettica. Ho cercato di esplorare i termini della convivenza che necessariamente deve instaurarsi tra città storica ed oggetti architettonici alle volte urlati, come già notavano Pane e Giovannoni nelle loro valutazioni sul tema. Ho così proposto una WunderKammer dove due quadri incorniciano l’immagine di altrettante anime della città, in questo caso Salerno: quella spettacolarizzata nel segno dell’architettura roboante della Hadid (il ferry terminal non ancora realizzato…) e quella storica, composta e misurata cui si relaziona Chipperfield nell’intervento per la Cittadella Giudiziaria. Com’è mia abitudine ho poi posto grande attenzione nella costruzione dell’allestimento, che volevo raccontasse d’architettura essendo arte”.

Gambardella coglie nel segno e la matrice teorica dell’intera mostra intesa come luogo di osservazione e scandaglio di fenomeni oppositivi torna nel periscopio da lui disegnato per la sala, come strumento che consente di vedere anche non visti. Strumento da conflitto dunque.
Nelle sale seguenti si ritrovano CollovĂ  e Zucchi a decrittare la sintassi dello scontro tra cittĂ  pedonale ed automobilistica, della controversia tra vecchio e nuovo, leggendola nelle opere di Souto de Moura e Siza a Napoli e di Calatrava a Venezia.
Il racconto prosegue nella trattazione di altre tematiche oppositive, attraverso sale-articoli firmate da Casamonti, Purini, Marinoni e Scandurra. La prassi editoriale di far redigere a noti autori le recensioni all’opera di loro colleghi, fornisce al lettore-visitatore una doppia occasione di conoscenza.
In tal senso va rilevato anche l’allestimento di Raffaello Cecchi e Vincenzo Lima, che ripensano il contrasto tra naturale ed artificiale ricostruendo una sala delle meraviglie dove una parete in LiTraCon Bt, uno straordinario cemento semiopaco, permette il passaggio di un’immagine videoproiettata aldilà del muro stesso.
Ciò che si vede attraverso è il corpo di un albero mosso dal vento; si tocca con mano il mito platonico dell’Amore figlio di Ricchezza e Povertà, si ha la certezza che sono appunto i Conflitti a generare Emozione e Architettura.

pamela larocca
mostra vista il 17 dicembre 2005


Architettura contemporanea in Italia. Conflitti
Salerno, Complesso Monumentale di Santa Sofia, Largo Abate Conforti (centro storico, presso Via Tasso). Orari: lunedì/Giovedì – Ore 10.00_13.00/16.00_20.00 – Venerdì- domenica e festivi
Ore 10.00_13.00/16.00_22.00 – 24 e 31 dicembre ore 10.00_14.00
Ingresso gratuito. Catalogo euro 35, (ridotto al 20%per i visitatori della mostra), SKIRA edizioni. Curatori: Pierluigi Cerri, Alessandro Colombo. Supervisione di Pierluigi Nicolin. Informazioni e prenotazioni: Numero 80045457 – www.comunedisalerno.it


[exibart]

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