“Gli edifici per l’Arte sono destinati ad aiutare la meditazione. Devono tessere un legame tra individualità e società: la loro creazione è una delle attività più importanti nella professione, ed una delle più difficili.” (Peter Davey)
Copertina e primo servizio celebrano la nuova Grande Biblioteca di Alessandria, edificio importante per il valore simbolico, quasi aneddotico, nonché per la pregevole fattura. Nonostante il progetto possa sembrare un po’ datato (concorso e tempi di preparazione sono più che decennali), la qualità rimane estremamente alta (vedasi anche Detail 5/2001 per ulteriori dettagli), rappresentativa di un Egitto che ormai si distingue nel panorama internazionale (meditate italiani meditate…).
Altro “progettone” quello del teatro di Bolles + Wilson per Rotterdam, ennesima nuova architettura sul fronte-porto del Ponte Erasmus, già risistemato dalla medesima firma, e che accoglie tra i tanti la nuova torre di Renzo Piano e quella di Norman Foster in costruzione.
Eroicamente e tecnologicamente brutalista il centro universitario audiovisivi a Helsinki dei grandi maestri finlandesi Hekkinen e Komonen. E dopo la Finlandia, la Norvegia (certo questa prevalenza nordica in fatto di nuovi edifici per l’arte non è casuale): altro maestro di indubbia fama Sverre Fehn per il Museo Aasen, plasticamente innestato nel terreno di una collina di Orsta.
Importante il dossier dedicato ad Archiprix, premio internazionale per studenti ideato in Olanda. Chiaro l’intento di guardare alle realtà in crescita nel panorama mondiale. Tra i nove premiati c’è anche un progetto italiano, elaborato da studenti di Chieti, per il recupero di piattaforme petrolifere dimesse.
Per chiudere si segnalano due progetti basati su diverse forme di trasparenza. Il negozio Hermes a Tokyo di Renzo Piano, nuova definizione delle potenzialità del vetro cemento, portato qui a dimensioni ciclopiche. E l’ennesima variante di Glass House, pregevole interpretazione di Werner Sobek a Stoccarda … costruita per se stesso (ma l’architetto per esprimere il proprio credo deve sempre autofinanziarsi?).
Marco Felici
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