“Dopo un periodo di frenetico, disinibito sviluppo, portato al capolinea dallo stallo economico, la recente architettura giapponese mostra segni di recesso dall’ostentazione stilistica, nell’intenzione di riconnettersi con una ricca vena di tradizione.” (C. Slessor)
Nell’editoriale si centra immediatamente il tema portante di questo numero interamente dedicato al Giappone: non più esempi di spregiudicatezza stilistica, che la disponibilità economica e la astoricità urbana consentivano nelle megalopoli del sol levante, bensì opere di ricca levità quasi zen. Ma non aspettatevi allora la solita, noiosa, sequela di immagini eloquentemente vuote … qui non si parla di minimalismo, se non come componente aggiunta.
Un esempio, ormai noto a tutti i lettori di riviste recenti, è la Mediateca di Sendai, opera eccelsa del maestro Toyo Ito, tutt’altro che “già vista”. Bello è poi girare pagina e trovarvi il Museo a Bato di Kengo Kuma, sinfonia di diffrazioni luminose che, nonostante ne condivida aspetti trascendenti, si distingue dalla suddetta Mediateca per l’essenza stessa dell’atto costruttivo in complissamente semplice legno.
Segnaliamo anche:
Lo Sport Stadium a Sendai, di Hitoshi Abe, grande segno in scala territoriale, ed un po’ meno interessante nel dettaglio.
La casa a Kawagoe, di Shigeru Ban, vuoto contenitore traslucente nato da sempre nuove ricerche sulle possibilità espressive di materiali insoliti.
La casa a Hadano, di Tezuka Architects, con il suo ambiente estroverso nella copertura lignea abitabile.
Il dossier sugli edifici ibridi di Tokyo, nati senza firma ed eccezionalmente rappresentativi di una risposta necessaria per problemi contemporanei.
E, per dovere di cronaca, il tempio Buddista a Saijo, insolita opera in legno massello di Tadao Ando.
Marco Felici
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